Lì dove è pieno di nomi propri, c'è un nome che di nessuno è proprio. Chi l'ha scelto? Chi lo subisce? E perché? Meschino.
Lo spunto per iniziare a scrivere Muffa – un racconto di Natale (apparso su Spazinclusi Rivista – per chi volesse può leggerlo da QUI) – mi è venuto qualche tempo fa, subito dopo aver finito di leggere il racconto di Luigi Pirandello, Un Goj, che in questo contesto significa qualcosa come non-ebreo o “straniero”.
Senza osare andare oltre nelle corrispondenze, l’idea di base era quella di tratteggiare la figura di uno straniero-in-casa, dello straniero nella propria famiglia, dello straniero che, straniato fino al delirio, deve infine fuggire di casa. Ma quale è il momento migliore, il più denso di significato per fare tutto ciò? Beh, la notte di Natale. La notte di Natale è sempre il momento giusto per una resa dei conti, con gli altri, certo, ma innanzitutto con se stessi.
Ma meglio procedere con ordine.
Il signor Daniele Catellani…ha un brutto vizio: ride nella gola in un certo modo così irritante, che a molti, tante volte, viene la tentazione di tirargli uno schiaffo…
Il nostro protagonista è un uomo, un ebreo italiano che, dotato di buona volontà, non vuole assolutamente entrare in conflitto col mondo circostante e che per questo ha prima pensato bene di cambiare il suo vero cognome – Levi – per prenderne un altro a suo avviso più accettabile, meno urtante: Catellani; e, in seconda battuta, s’era imparentato con una famiglia ultra-cattolica tirannicamente sorvegliata – relativamente alla fede – dall’intransigente suocero, Pietro Ambrini, nipote di un altrettanto intransigente cardinale.
Il brutto vizio, noi diremmo, il sintomo, nasce col matrimonio in cui il signor Catellani è andato a ficcarsi, perché, è cosa nota, la gran parte degli affanni che ci toccano in sorte sono frutto delle nostre stesse azioni e fissazioni. Già, perché Daniele Catellani, insieme all’adorata moglie, s’era tirato nel matrimonio il terribile suocero, che non lo aveva mai visto di buon occhio e accettato e che aveva fissato regole rigidissime: i nipoti dovevano tutti essere battezzati e allevati secondo il credo cattolico e l’uomo stesso, il buon Daniele, era incessantemente sotto la lente del suocero, disgustato dal suo “foetor judaicus”.
C’è poco da dire: il suocero lo perseguita. Sarà ridicola, ridicolissima, ma una vera e propria persecuzione religiosa, in casa sua, esiste…una vera e propria guerra religiosa quel benedett’uomo del suocero gliela viene a rinnovare in casa ogni giorno, a tutti i costi, e con animo inflessibilmente e acerrimamente nemico.
Ma si sa, anche chi è animato da buone intenzioni, “batti oggi e batti domani”, alla fine inevitabilmente maturerà in sé una certa volontà di genuina e comprensibile vendetta, che ne sia o meno conscio. E così accade anche a Daniele Catellani che, a vedersi trattare a quel modo persino di fronte ai figli pieni d’angoscia di fronte al tirannico nonno e di dubbi nei confronti del debole padre, sente montare una gran voglia di “urlare chissà quali imprecazioni” che però preferisce mandar giù per limitarsi a “buttare indietro la testa riccioluta e nasuta e prorompere in quella sua solita risata nella gola”. Ma quanto a lungo potrà limitarsi a quella risata-sintomo-aggressione che tanto fastidio dà a quelli che si stanno intorno?
Ma c’è una cosa che non ho ancora detto – la storia è ambientata nell’ultimo anno della Prima guerra mondiale e Daniele Catellani, suo malgrado, nella sua vita sta accettando tutto, ma proprio tutto, persino la guerra cui l’Italia, il suo paese, ha preso parte. Approva tutto e per tutto approvare ha però rinunciato e voltato le spalle alla religione dei padri.
Un ultimo dettaglio, prima di fermarmi, lasciando al lettore avido il compito di andarsi a cercare questa novella – facilmente reperibile e veloce da leggere – per vedere come va a finire tutta la faccenda…così attuale, direi, dato il contesto internazionale in cui questo Natale si inserisce…
Poiché bisogna sapere che, nonostante la gran carneficina, con una magnifica faccia tosta il signor Pietro Ambrini, quest’anno, aveva pensato di festeggiare, per i cari nipotini, la ricorrenza del Santo Natale più pomposamente che mai…
Basti qui dire che il buon Daniele Catellani, alla fine, straniero com’è, lascerà libero il “demonio, che gli s’è domiciliato per tanti anni nella gola”, combinando un bello scherzo al tirannico suocero.
Straniero in casa…si diceva. C’è chi non riesce, chi non può permettersi o permettere agli altri di vivere il Natale, anche a dispetto dei migliori propositi. Ne ho raccontati diversi di Natali impossibili o salvati all’ultimo momento (sono tutti qui) – ma il post di quest’anno è dedicato al Natale impossibile per coloro che hanno troppo a lungo tradito se stessi. Forse è per quelli che devono tradire il Natale di chi sta loro intorno, perché è l’unico modo per riconoscersi stranieri in casa, in famiglia, e finalmente uscire…mollare tutti la Vigilia di Natale, riconoscendo, in fondo, che è impossibile onorare lo spirito del Natale se, innanzitutto, si è stranieri a se stessi…
STORIE SELVATICHE DI FIABE, MITI E TESTI SACRI CHE APRONO LE PORTE ALLA RICCHEZZA
Il mondo nel quale siamo nati è brutale e crudele, e al tempo stesso di una divina bellezza. Dipende dal nostro temperamento credere che cosa prevalga: il significato, o l'assenza di significato. (Carl Gustav Jung)
Blog della Biblioteca di Filosofia, Università degli studi di Milano
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Per un romanzo diffuso dell'Antropocene
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Recensioni, consigli di lettura e cose da lettori
Non conosco questo racconto, ma me lo procurerò, è certo.
Per quanto mi riguarda: Buon Anno, a te e a tutti!
Divertente racconto. Stile pirandelliano. Buon anno a te! A presto.