Tommaso Aramaico

Lì dove è pieno di nomi propri, c'è un nome che di nessuno è proprio. Chi l'ha scelto? Chi lo subisce? E perché? Meschino.

Joe R. Lansdale, L’anno dell’uragano

…McBride osservò il cielo. Pareva verde come il panno di un tavolo da biliardo. Il sole, scarlatto come le labbra di una bagascia, scendeva dal cielo per farsi una bevuta nel Golfo; McBride s’aspettava quasi di veder salire il vapore da dietro l’isola. Inspirò profondamente l’aria di mare e trovò che aveva un ottimo sapore. Gli metteva appetito. Ecco perché si trovava lì. Aveva fame. La prima portata del menu sarebbe stata una donna, poi una bistecca, poi un riposino prima del dessert – quello per cui era venuto: prendere un negro e dargli una gran bella pestata, di santa ragione.

Era un pezzo che non leggevo Lansdale. Gli ultimi incontri risalgono a diversi anni fa, con La Sottile linea scura (QUI) e Freddo a luglio (QUI) e questo L’anno dell’uragano si presta, nel suo centinaio di pagine, ad una lettura leggera, veloce, senza troppi impegni, ma non per questo meno avvincente. La storia da cui è tratto il romanzo è veramente accaduta, lascio la parola all’autore:

L’anno dell’uragano si basa su un evento realmente accaduto…anni fa, nel 1900, Galveston, un’isola sulla costa texana, sparì tra le onde…andò più o meno così: Galveston aveva già affrontato degli uragani e nessuno si preoccupò più di tanto quando sull’Atlantico se ne profilò un altro…i dispacci che venivano da Cuba furono ignorati…con ogni probabilità, la tempesta era di livello cinque…l’uragano si scatenò furioso. Colpì Galveston così forte da affondare l’isola, rase al suolo interi palazzi, portò via con sé numerose persone, ricoprendo tutto d’acqua, fango e detriti…ci volle un bel po’ di tempo per smaltire i cadaveri.

Se questa è la Storia – provo io a riassumere, in due righe, la trama: un giovane nero di Galveston, “Lil” Arthur, osa battere un bianco sul ring dello Sporting Club. Siamo negli USA, all’inizio del Novecento. Una cosa del genere è impensabile. Il presidente dello Sporting, con l’appoggio di altri soci bianchi, assoldano John McBride, un pugile bianco, professionista, sadico e violento, per dare una lezione al “negro” che aveva osato mettere in discussione, sia pure su di un dimenticato ring di provincia, la superiorità dei bianchi.

Questo romanzo breve è davvero spassoso. Fa pensare alla scissione fra uomo e natura, nonché a tutte le contraddizioni sociali di ieri, così come di oggi: volgari bianchi che si credono superiori; neri reietti che sognano il riscatto o, al contrario, troppo abituati a portare avanti il fardello di secoli di sfruttamento e disumanizzazione per pensare una qualche rivalsa; uomini impomatati che bramano estatiche esperienze sado-maso, e, su tutto, gerarchie che vacillano e quindi da far rispettare a tutti i costi – nella convinzione che la debole costruzione sociale, garante di identità e differenze, possa avere una qualche importanza o tenuta rispetto alla potenza degli Elementi. Già, perché sullo sfondo di vicende piccole piccole, decisamente umane, come esser bianchi piuttosto che “negri” o avere una bella bistecca e le tasche piene di soldi o scongiurare una incipiente calvizie, beh, sullo sfondo c’è la Natura che incombe – mentre gli uomini lottano per la loro collocazione sociale, dimenticando il loro vero posto nel mondo. Viene da pensare a tutti gli slogan e le raccomandazioni che tanto infuriano nel presente, frasi e messaggi zuppi fradici di un ingenuo antropomorfismo – cose tipo “salviamo il clima” o addirittura la terra o altre sciocchezze, come se la terra – che ci ospita, come parte fra le altre, sia bisognosa della nostra protezione; come se il Tutto, ossia la Natura, non possa fare a meno della Parte, ossia dell’Umanità che, in quanto Parte, sarà necessariamente sostituita, che lo voglia o meno. La legge della vita è la vita, quale che sia. Il Mondo, come Tutto, può tranquillamente essere, senza l’umano. Ma andiamo oltre.

Due forze che animano questo breve romanzo: da una parte l’Uragano, che distrugge e costantemente minaccia e, dall’altra, l’instancabile e multiforme azione di Eros – lasciando cadere i passaggi “facili” in cui l’autore rimanda ad accoppiamenti fra topi e altre bestie, la sessualità è qui onnipresente, a tratti compulsiva. E così alle spalle dei due antagonisti sul ring, “Lil” Artur e McBride, il nero e il bianco, vi è il grande scontro fra l’Uragano, portatore di distruzione e morte, ed Eros, ossia vita, creazione, generazione. Tutto questo mi fa venire in mente il filosofo greco Empedocle, che al fondamento dei rivolgimenti cosmici colloca due forze: Amicizia e Contesa…

Duplice è la genesi dei mortali, duplice è la morte: l’una è generata e distrutta dall’unione di tutte le cose, l’altra, prodottasi, si dissipa quando di nuovo esse si separano. E queste cose continuamente mutando non cessano mai, una volta ricongiungendosi tutte nell’uno per l’Amicizia, altre volte portate in direzioni opposte dall’inimicizia della Contesa.

Giovani che provano a strappar la verginità, con promesse e lusinghe, a ragazze che invece pensano al matrimonio; vecchi che s’attaccano ai loro cenci e a vecchie baldracche; furbi d’ogni tipo che tentano d’arricchirsi per sperperare tutto nel più vicino bordello – e sullo sfondo l’aria che sa di marcio, il livello dell’acqua che sale, i bollettini meteo sempre più allarmanti, le nuvole che corrono sempre più veloci…tutto parla, il mondo parla – è un sistema di segni, ma gli uomini, le donne, i vecchi…tutti sono troppo presi nelle loro piccole faccende, convinti come sono che siano il mondo.

E così, anche se l’isola già inizia a essere sommersa dall’acqua del mare, che ormai arriva alle caviglie, e spazzata da un vento sempre più forte, che fa saltare le tegole dai tetti…beh, non sia mai che si diserti l’incontro di boxe allo Sporting Club, lì dove il “negro” finalmente subirà la sonora punizione che merita. Le gerarchie istituite per legittimare il dominio dell’uomo sull’uomo, da sogno allucinato diventano la realtà; mentre quanto è reale, ossia il potere della Natura, viene semplicemente ignorato, ridotto a fastidioso inciampo alle attività umane. Ma in realtà è la Natura, e solo in modo derivato le nostre Leggi, a non ammettere ignoranza – e non è un caso che per gli antichi vi era una vera e propria coincidenza fra Natura e Legge. Ma qui tutto viene rovesciato. Possibile illudersi ancora che sia l’essere umano a dare le carte? Beh, la Natura presenta il conto. Salato, certo, come l’acqua del mare che tutto travolge e sommerge, portandosi via chiunque, senza distinzioni: uomini e donne, bambini e vecchi, bianchi e neri, prostitute e vergini, atei e timorati di Dio, villani e puritani…e quelli che rimangono – a tempesta finita – sono presi da stupore e dolorosa meraviglia. Sono finalmente svegli, richiamati ad un ordine superiore di cui, senza saperlo, sono sempre stati parte. Certo, è servita una tragedia, una calamità, qualcosa di abnorme, disumano – della potenza della Natura.

Quando raggiunsero il suolo presero a camminare, sguazzando nell’acqua che era tornata al livello delle caviglie. Il mondo che avevano conosciuto era finito. Galveston era un pacciame bagnato di cadaveri rigonfi, uomini, cani, muli e cavalli, e legname ridotto in pappa…passarono accanto a diversi sciacalli che rovistavano tra i resti dei magazzini e frugavano nelle tasche dei morti…

Beh, lì dove non sembra esserci speranza, la speranza, in realtà, c’è. Non sto a dir troppo, non dico di più – chi vuole sapere come la risolve Lansdale non ha che da leggere il romanzo. Posso dire solo (e qui di certo tradisco le intenzioni dell’autore) che tale speranza può farsi strada solo recuperando, dopo il disastro, l’indistruttibile volontà di vivere che tutto permea e sorregge…bisogna però stare bene attenti a distinguere questa volontà di vivere dalla volontà di sopraffazione, che è tutt’altra cosa (e che permea il romanzo e le nostre vicende), legata ad una mostruosità tutta umana e di cui non v’è traccia intorno a noi. C’è qualcuno, non sto a dire chi, che dà una bella definizione della Storia, che altro non sarebbe se non la capacità, per l’umanità, di superare la sofferenza e il dolore. Rialzarsi. Niente più…

Jack diede un buffetto sulla schiena del bambino, guardò McBride che recuperava il suo rasoio e se ne andava. Jack lo fissò finché non scomparve dietro un ammasso di legname e cadaveri, e non lo vide mai più.   

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Questa voce è stata pubblicata il luglio 12, 2022 da con tag , , , , .

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