Lì dove è pieno di nomi propri, c'è un nome che di nessuno è proprio. Chi l'ha scelto? Chi lo subisce? E perché? Meschino.
Per quanto vecchio e boccheggiante, logoro e zoppicante, questo povero blog non può proprio sottrarsi al consueto balbettio di fine anno. Saranno, in compenso, un paio di post, entrambi di poche parole. Non così meditate, ma di certo poche. E questa è già una garanzia. Più che sulla qualità qui si lavora per sottrazione, secondo la quantità – per esaurimento scorte.
Un dollaro e ottantasette centesimi. E il giorno dopo era Natale.
Un appartamento da quattro soldi d’affitto. Mesi e mesi di economie per mettere da parte poco meno di due dollari. La voglia di fare un regalo speciale, quello giusto. Questa è la cornice in cui si muovono Della e Jim, i due giovani innamorati al centro de Il dono dei Magi, novella di poche pagine di O. Henry.
Solo un dollaro e ottantasette per il regalo di Jim. Il suo Jim. Aveva passato tante ore felici pensando a qualcosa di bello da comprargli. Qualcosa di raffinato, insolito e prezioso – qualcosa degno di appartenere a Jim.
Non starò qui a scrivere a cosa rinunci Della, per amore di Jim. Né a cosa rinuncerà Jim – anche lui al verde – per amore di Della. Per chiunque volesse, questa breve novella la si può trovare con una veloce ricerca e, altrettanto velocemente, la si può leggere. Per parte mia, era da anni passata inosservata, in fondo ad uno scaffale, confusa con altre. Ciò che qui interessa è l’atto del donare. O. Henry presenta il dono (provo a tirarne fuori il succo) come l’esser disposti a perder qualcosa di prezioso (e non di danaro si tratta, ovviamente) cui corrisponde un non ottener nulla da parte di chi riceve. L’atto del donare è in pura perdita e questo è banale. Quanto mi pare non banale sta in altro. Nel donare, al tempo stesso: qualcuno perde, l’altro non ottiene. Bizzarro. Eppure, proprio qui si annida una magia dal sapore quasi matematico: se il dono è perdita reciproca, allora così come il prodotto fra due numeri negativi dà un numero positivo, allo stesso modo, l’incontro fra due disposizioni alla rinuncia si risolve in un valore incommensurabile, non quantificabile, in assoluta pienezza, positività. Nel dono, può esser quantificato ciò che perde colui che dona? Forse, chissà. Ma non può esserlo (quantificato) dalla parte di colui che riceve. Cosa si riceve? Nulla, di fatto. Ossia tutto e cioè l’altro, quindi se stesso. Il dono (il risultato di questa bizzarra operazione esistenziale) coincide, dunque, con l’incontro stesso: è un donar se stessi e, attraverso se stessi, un donare l’altro all’altro – riconoscere la sua vera natura e, nel dono, offrire uno specchio che gli permetta, all’altro, di vedersi con più chiarezza – forse per la prima volta nel suo valore. Questo specchio è ovviamente tirato a lucido da ciò che viene comunemente chiamato amore.
Mi domando quale sia stato l’ultimo dono che sono stato in grado di fare. Ho donato molte cose, ma solo alcune sono degne d’esser ricordate: dei vecchi bottoni ad un bambino di due anni, erano grandi verdi e blu, quei bottoni; ad un altro bambino ho regalato una trottola che a lungo, da ragazzo, aveva accompagnato il turbinio dei miei pensieri; ad una giovane donna, un temperino di legno a forma d’anatra con cui temperavo matite che usavo solo in occasioni speciali; la lente scoppiata del mio primo paio di occhiali l’ho donata ad un’altra donna ancora. Una foto ingiallita dal tempo, mentre, tutto sorridente, ero su un treno che andava chissà dove, è ancora i fondo al cassetto del mio scrittoio. Mi domando quando verrà il suo tempo.
Qui ho riportato malamente la storia noiosa di due stupidi ragazzi, in un appartamento, che incautamente hanno sacrificato i beni più preziosi che avevano l’uno per l’altra.
STORIE SELVATICHE DI FIABE, MITI E TESTI SACRI CHE APRONO LE PORTE ALLA RICCHEZZA
Il mondo nel quale siamo nati è brutale e crudele, e al tempo stesso di una divina bellezza. Dipende dal nostro temperamento credere che cosa prevalga: il significato, o l'assenza di significato. (Carl Gustav Jung)
Blog della Biblioteca di Filosofia, Università degli studi di Milano
Un piccolo giro nel mio mondo spelacchiato.
Un po' al di qua e un po' al di là del limite
Per un romanzo diffuso dell'Antropocene
La vita è l'unica opera d'arte che possediamo.
Recensioni, consigli di lettura e cose da lettori
…e in ritardo, Buon Natale!
Augurio come sempre gradito. Anche a te, ovviamente. E poi non si è mai veramente in ritardo, qui, per fortuna, il tempo è estremamente malleabile. A presto.
Scopro il post solo ora, così essendo il Natale ormai un ricordo, recupero con un tempestivo Buon Anno! 🙂
Ricambio, Guido, ricambio.