Tommaso Aramaico

Lì dove è pieno di nomi propri, c'è un nome che di nessuno è proprio. Chi l'ha scelto? Chi lo subisce? E perché? Meschino.

Il re e i suoi tre figli

All’interno di un libro voluminoso di cui qui non sto a dire, mi sono imbattuto in una brevissima storia che parla di un re e dei suoi tre figli. La storiella mi ha colpito fino a tal punto che mi ha addirittura spinto a pensare pensieri che solitamente rigetto con grande nettezza: questa storia, nella sua disarmante semplicità, arriva al momento giusto, ha il profilo del segno o messaggio che arriva a gettare un poco di luce esattamente nel punto dove tutto è scuro e confuso, lì dove ho da tempo concentrato tutta la mia attenzione; finalmente inizio a raccapezzarmi. Chissà, forse in un altro momento non avrei dato alcun valore a questa storiella. Adesso sì. E del resto è del tutto coerente con le diverse cose che ho scritto negli ultimi tempi. Dà una prima e parziale risposta a certe questioni che, più o meno evidenti, già sgomitavano in Tutte le fase profezie (qui) e Specchio della tua irritazione (qui) – e a dire il vero era bell’e pronto un altro post – del tutto in linea con i precedenti. Avrà il suo breve tempo e piccolo spazio, ma per adesso è stato scalzato. Ma insomma, la storia è la seguente.

C’è una volta un re che aveva tre figli. Il primogenito aveva tutte le qualità che si possono desiderare, era bello ed era amato da tutti. Giunto al suo ventunesimo compleanno, il padre ordinò che per lui venisse costruito un palazzo nel centro della città, in modo che potesse averlo vicino a sé. Il secondogenito era intelligente, e anche lui, come il primo, era molto benvoluto. E anche per lui, quando compì ventun anni, il re fece costruire un altro palazzo.

Fin qui tutto semplice. Chi non vuole, non ama, non vuol tenere vicino a sé, per bearsene e per farne mostra a tutti, i propri figli? Il re, in fondo, si limita a fare ciò che farebbe chiunque di noi, tenere in primo piano e bearsi di ciò che lo rende felice e di cui può andar fiero. E però tutti, anche i re, devono far fronte alle loro difficoltà. E tutti lo sanno, una storia non è una storia se non ci sono difficoltà. Il re pertanto viene così messo alla prova…

Il terzo figlio, a differenza dei due fratelli maggiori, non era né bello né intelligente, ma scontroso e malvisto da tutti. Quando compì ventun anni una diversa sorte era stata pensata per lui. Infatti, i consiglieri del re dissero: «Nel centro della città non c’è più posto; costruite per vostro figlio un palazzo subito fuori dalla città, ben fortificato. Potete mandare le vostre guardie a proteggerlo dagli attacchi dei briganti che vivono oltre le mura della città». E così il re fece edificare il palazzo e mandò un contingente di soldati a presidiarlo.

Tutti i problemi del re sembrano risolti, eppure…

L’anno successivo, il figlio inviò un messaggio al re: «Non posso vivere qui. I briganti sono troppo forti». Allora i consiglieri gli dissero: «Costruite un palazzo, più grande e più solido, a venti miglia dalla città e dai briganti. Inviate più soldati, e fatelo solido abbastanza da resistere agli attacchi delle tribù nomadi di passaggio».

Cosa fa dunque il re? Beh, convinto della bontà dei consigli dei suoi consiglieri – e del resto se non son buoni i loro consigli a che servirebbero? – dà il proprio assenso. Senza cambiar punto di vista, radicalizza la prima scelta. Sempre più lontano questo figlio sgradito, sempre maggiori le difese per tenerlo al sicuro. Seguiamolo, il re, nel suo immane sforzo…

Così il re li ascolta, fa costruire il nuovo palazzo e lì invia cento soldati a presidiarlo. Dopo un anno, tuttavia, arriva un altro messaggio del figlio disperato: «Non posso vivere qui. Le tribù sono troppo forti».

E che fanno i consiglieri? Beh, vien da pensare a quelle mosche che battono contro il vetro perché proprio non lo vedono e non sanno pensare a un soluzione alternativa o anche solo rendersi conto che lì qualcosa non va. Questo figlio tanto problematico, più viene allontanato, più, a quanto pare, solleva problemi. E a nulla sembra servire il numero sempre maggiore di soldati, perché, pare ormai ovvio, i pericoli aumentano in egual misura. Ma andiamo avanti…

I consiglieri dissero: «Costruite un castello, un grande castello a cento miglia da qui. Dovrà essere vasto abbastanza da alloggiare cinquecento soldati e abbastanza solido da resistere agli attacchi delle popolazioni che vivono oltre confine». E il re costruì questo castello e mandò cinquecento soldati a proteggerlo.

Ma dopo un anno il figlio gli scrisse di nuovo. «Padre, gli attacchi delle popolazioni confinanti sono troppo forti. Ci hanno assaliti due volte, e se lo faranno una terza io temo per la mia vita e quella dei vostri soldati».

Finalmente il re comprende che i suoi consiglieri sono effettivamente dei cattivi consiglieri.

Allora il re disse ai suoi consiglieri: «Fatelo tornare a casa, vivrà a palazzo con me. È meglio che io impari ad amare mio figlio piuttosto che spendere ogni energia e risorsa del mio regno per tenerlo a distanza».

Quante energie si spendono per negare, chiudere gli occhi, non accettare quello che non ci piace e che però non possiamo cambiare? Per quanto il re si sforzi, non potrà mai cambiare il dato di fatto: il terzo fra i suoi figli è per lui motivo di affanno. Ma qualsiasi cosa farà non potrà mai far sì che quello non sia il figlio, né che sia bello o intelligente o benvoluto come i primi due. Quante energie e quanti fallimenti si annidano nella sua non accettazione, nella sua incapacità di guardarlo negli occhi? E se quel figlio, al contrario, lo accogliesse? Beato il re che finalmente ama i suoi figli per quello che sono.

E se quel figlio non fosse altro che una parte inaccettabile di lui, un periodo buio della sua vita, un’epoca colma di rimpianti nella sua storia personale? A questo punto, beato – nel senso più umano ed etimologico del termine, in quanto “fatto felice” – è l’uomo che accoglie e accetta se stesso, le proprie debolezze, i propri limiti e fallimenti. Allora sì che sarà libero di fare il proprio, senza più trascurare quello che veramente gli compete.

Chi è veramente capace di compiere questo passo, così come ha fatto il re?

*La storia è liberamente tratta da Zindel V. Segal, J. Marrk G. Williams, John D. Teasdale, Al di là del pensiero, attraverso il pensiero, Bollati Boringhieri

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Questa voce è stata pubblicata il marzo 13, 2021 da con tag , , .

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