Lì dove è pieno di nomi propri, c'è un nome che di nessuno è proprio. Chi l'ha scelto? Chi lo subisce? E perché? Meschino.
Vivo in periferia, e questo mi rende simile a molti altri. Mi chiamo Ian Testa e sono un soggetto pronto a farsi oggetto. Immerso nel quotidiano, nell’inautentico direi, abito in una struttura a forma di parallelepipedo di dieci per quindici metri circa per due metri e settantacinque centimetri d’altezza. Vivo in uno scatolone poggiato a terra, lontanissimo dal cielo. Sulla facciata, che dà sulla strada, ci sono due ingressi, uno per entrare nel mio appartamento, l’altro che porta a quello del padrone di casa. Questo parallelepipedo si affaccia su una di quelle lunghe strade tanto caratteristiche delle sterminate periferie urbane, quelle che vengono chiamate arterie cittadine, solo che qui, negli ultimi anni, si è costruito molto e quindi la strada è trafficatissima di giorno, e pista adatta per tutti i corridori della notte.
Questo scatolone di cemento fa angolo con una stradina che si allunga verso terreni ormai da tempo abbandonati, buoni soltanto per nuove concessioni edilizie. Ma insomma, camera da letto e bagno danno direttamente sulla strada, la cucina e il salottino sulla stradina di cui ho già detto tutto. Da qualsiasi finestra mi affacci, fra il mio naso e la gente che cammina per i marciapiedi ci saranno si e no tre metri, a quattro, invece, le macchine che sfrecciano. Proprio sotto la finestrella del salottino ho sistemato uno sgabello e da lì posso, con un certo agio, guardare fuori e prendere un po’ di luce in una casa perlopiù buia. Credo di essere un buon soggetto. Ho barba corta e capelli medio lunghi, castani e mossi. Il taglio dei miei occhi ha un che di orientale. Non posso descrivere il mio sguardo, ma sono certo che un buon pittore non faticherà a cogliere quel non so che che mi porto dentro e che spesso mi fa bruciare lo stomaco.
Credo che il mio volto entro il contesto della facciata in cortina possa essere una bella occasione anche per un pittore che abbia bisogno di esercitarsi. Ho tutto il tempo possibile e immaginabile e sono abituato ad essere oggetto di continui sguardi indagatori. Forse qualcuno mi ha addirittura fotografato col cellulare.
Fra le altre caratteristiche dell’orizzonte entro cui la mia figura si staglia ci sono: il solito distributore di benzina, un supermercato e diversi cartelloni pubblicitari. Niente insegne luminose. In compenso posso offrire un fornitore di allarmi e antifurti, un gommista e il solito bar. Niente vetrate.
Credo che possa essere fonte di ispirazione, questo posto. Certo, non accade nulla di eclatante, semplicemente quello che, giorno dopo giorno, sta davanti agli occhi di tutti. Macchine parcheggiate in doppia fila, gente che si accanisce sul clacson, ingorghi, qualche temerario in bicicletta, donne con la busta della spesa, giovani mamme che spingono passeggini e vecchi, quelli sì, a tutte le ore, dall’alba al tramonto. Ogni mezz’ora passa l’autobus e alla fermata che sta ad una ventina di metri dalla mia finestra, scendono e salgono persone a tutte le ore, sempre in gran numero. Studenti, lavoratori, nullafacenti, tanti immigrati che tornano da lavoro e abitano in zona. Di molte persone, a parte il nome, conosco gli orari e come si vestono. Posso intuire quando sono preoccupate, distratte, contente e cose del genere. Alle volte mi domando cosa loro pensino di me, vedendomi qui alla finestra, perché anche io, come loro, ho i miei orari e le mie abitudini, e fra queste una è di starmene qui sullo sgabello.
Perché lo faccio? Perché mi presto? I motivi sono vari. Ho molto tempo libero e poco da fare. Penso di poter essere d’aiuto per chi fosse in cerca di un soggetto su cui lavorare. Egoisticamente, devo ammetterlo, sono alla ricerca di una chiave, una prospettiva che mi permetta di capire dove sono e cosa sono diventato. Le ho provate tutte, ne ho provate tante. Non so più dove sbattere la testa. Nel pieno delle mie solite, silenziose lamentazioni, un ricordo mi ha colpito come una sassata alla nuca. Mi sono voltato guardandomi indietro, nel passato.
Molti anni fa, al liceo, c’era un mio compagno di classe che amava disegnare e soprattutto fare ritratti. Si era presto stufato di tutti i compagni e professori, ma non di me. Ogni santo giorno, per buona parte del terzo anno del liceo, invece di ascoltare le lezioni, era stato impegnato a ritrami. Non riesco a disegnare i tuoi occhi, ripeteva. Ed era vero. Benché abile, non era in grado di ritrarli. Aveva un piccolo schedario con tutti i ritratti della classe, tranne il mio. Forse era troppo giovane e gli mancava la capacità o la profondità per vedere, per intuire come già allora, dietro quel sorridente, eclettico e a tratti (almeno secondo gli altri) brillante giovane, vi fosse qualcosa che in fondo non andava. Mi piaceva l’idea che non riuscisse a ritrarmi. Mi era dispiaciuto, però, vedere che a un certo punto avesse lasciato perdere la sua piccola impresa. Ero rimasto senza il mio ritratto. Beh, se adesso ci fosse un pittore interessato, esperto o meno, mi troverebbe qui quasi ogni pomeriggio. Vorrei essere risarcito. Ma dovrebbe fare attenzione. Io sarei interessato a lui.
Per un romanzo diffuso dell'Antropocene
La vita è l'unica opera d'arte che possediamo.
Recensioni, consigli di lettura e cose da lettori
“Faccio dire agli altri quello che non so dire bene io", Michel De Montaigne
«La filosofia sembra che si occupi solo della verità, ma forse dice solo fantasie, e la letteratura sembra che si occupi solo di fantasie, ma forse dice la verità.» (Antonio Tabucchi)
scrittore in Milano, Mondo
ΟYΤΩΣ AΤΑΛΑIΠΩΡΟΣ ΤΟIΣ ΠΟΛΛΟIΣ H ΖHΤΗΣΙΣ ΤHΣ AΛΗΘΕIΑΣ, ΚΑI EΠI ΤA EΤΟIΜΑ ΜAΛΛΟΝ ΤΡEΠΟΝΤΑΙ. «Così poco faticosa è per i più la ricerca della verità e molti si volgono volentieri verso ciò che è più a portata di mano». (Thuc. I 20, 3)
Rivista culturale on line
Vedo di darti una mano e fare girare la voce.
Trovassi, non te lo assicuro però, il ritrattista e mi chiedesse gli devo dire che il ritratto lo vuoi con o senza mascherina?
Più che con mascherina, direi con busta della spesa in testa…
Ok, se è così interpello Magritte. Ti può andar bene?
Sapevo che avresti trovato non una soluzione, ma LA soluzione. È sempre spiazzante e divertente leggere i tuoi commenti
🙂