Lì dove è pieno di nomi propri, c'è un nome che di nessuno è proprio. Chi l'ha scelto? Chi lo subisce? E perché? Meschino.
Nel precedente post dedicato a Ringraziare (qui) avevo presentato i personaggi principali. Mi ero concentrato sul protagonista, Samuele Muscarà, su sua moglie Lucilla, sul figlio Teo, sul fratello Paride e sui genitori. Ce ne sono diversi, però, di personaggi che orbitano, gravitano, influiscono sulla vicenda di Sammy Muscarà. Personaggi che più o meno direttamente incidono sulle sue scelte, le sue azioni e sulla sua volontà di fuggire via.
Ci sono Vito Pez e il fratello, che non è degno neppure di un nome da ricordare. Entrambi sono legati a Paride, e stanno cercando Sammy per avere indietro dei soldi che hanno perso a causa sua:
Quando si piazzano davanti al cancello, Vito è fuori in giardino insieme a quel mentecatto del fratello. Sono entrambi a petto nudo e stanno lavando con la pompa il rottweiler per cui non hanno regolare licenza. Vito tiene il tubo con l’unica mano che ha. È magro e nodoso, gli si possono contare le costole. La barba lunga è a punta e macchiata da certe zone di grigio. Mette una certa ansia. Sammy ringrazia per la presenza di Braianello. La bestia li sente arrivare. Guaisce, ma non osa muoversi. Vito vede il mondo attraverso gli occhi della belva e così si volta. Non appena riconosce Sammy, lascia cadere il tubo a terra e sferra un calcio alle costole del potente animale e, scortato dal fratello coglione, si avvicina al cancello.
C’è Omar Custero, amico di sempre di Sammy Muscarà. Orfano, violento, incomprensibile, ha dato a Sammy un lavoro. È lui, per mezzo del padre, che lo fa lavorare come proiezionista al Jolly, un piccolo cinema di periferia.
Omar fa cenno di no. Sammy sa che non dovrebbe essere lì, che non dovrebbe farsi pagare la colazione da Omar e che non dovrebbe lavorare per lui, con lui. Le lentiggini sul viso e le braccia possenti del vecchio amico non brillano più, i capelli rossastri tagliati a zero si stanno diradando. È sempre enorme e minaccioso, ma sembra aver perso consapevolezza della propria forza, non è più sicuro di sé e, più di tutto, nessuno di quelli che sta nella sua rete di conoscenze sa nulla dell’aggressione che Sammy ha subito. Mi dispiace. – Omar vorrebbe sfiorargli il labbro violaceo e il naso gonfio. I deltoidi sotto la polo bianca si gonfiano mentre ascolta i dettagli del pestaggio. Omar sta bestemmiando. Le sue mani fremono e Sammy sa che si sta trattenendo perché vorrebbe toccarlo, accarezzarlo, bagnare le sue ferite con le sue lacrime; sa che vorrebbe chiedergli perdono per non averlo saputo proteggere, così come aveva sempre fatto, in passato; sa di quell’attaccamento particolare. Sa tutto di Omar, della sua intelligenza limitata, di come all’età di dodici anni fosse tornato a casa e avesse ritrovato la madre riversa a terra, morta, mentre Mylena, la bambina cui la madre aveva dato la luce da meno di un mese, piangeva disperata nella culla. Lo sa, Sammy, perché era con lui e insieme avevano urlato nel pianerottolo di casa affinché qualcuno chiamasse aiuto. Ricorda di come Omar, dopo quel giorno, fosse sparito per qualche tempo, prima di ripresentarsi con lo sguardo duro di una durezza che parlava delle sue future prodezze.
E poi c’è Olivia Raho una donna del passato che, nel presente, diviene per Sammy un luogo di stordimento. Non è vera, lei. Non è reale. Lo è, ma solo perché fatta di carne, ma niente più, almeno per Sammy.
Perché lei gli permette di fare tutto questo? Di andare da lei quando il figlio di cui non ricorda nemmeno il nome è nell’altra stanza davanti alla televisione accesa e gli altri della casa sono fuori per lavoro? Perché s’è lasciata portare dove molti la conoscevano? In hotel da quattro soldi dove passavano lunghi pomeriggi in cui dimenticavano persino come si facesse a parlare? Quelli erano i primi tempi, l’alba del suo dolore, di quel disagio tutto particolare che si era fatto, però, il basso continuo delle sue giornate. Entravano in stanze prese in affitto e Olivia si mostrava nuda fra pareti spoglie e sconosciute, davanti a specchi in cui non s’era mai vista prima. E sembrava non vergognarsene. Doveva sentirsi bella e dolcemente sporca. E lo era. Lux era già impazzita, i suoi sogni, quelli di Sammy, in gran parte infranti, Teo una luce che lo accecava.
E poi c’è Stella, la sorella di Lucilla. Stella è quella da cui Sammy ha allontanato con tutti i mezzi la futura sposa. Stella è la sorella sbandata, quella che vuole sempre e nuovamente accogliere, riprendere, inglobare Lux, sua unica ancora di salvezza. Forse.
Sammy sale le scale. Non sa se Lux sia lì, ma se così è, allora non deve restarci un minuto di più. Non la vuole a contatto con Stella. Vuole fuori di lì anche Teo. Il cellulare che ha in tasca vibra. È un messaggio. STO PENSANDO AL TUO CULO. Non ha tempo per quelle minacce. Deve riprendersi la sua famiglia. In cima alle scale Cardio inizia a lampeggiare, solo che lui non ha bisogno di quell’aggeggio per capire che quella in cui si trova è una situazione di merda. Il piano di sopra è in penombra. Inciampa in qualcosa, uno zaino o un borsone, poi entra in quella che era stata la stanza di Lux, solo che ci trova Stella. È nuda ed è legata al letto disegnando una X. Sammy non ha tempo per pensare cazzo, così come il suo cazzo ha a malapena il tempo di irrigidirsi, che Stella lo blocca, – Che fai, mi sleghi? – e sorride.
E poi c’è Braianello, una sorta di gorilla, una specie di guardia del corpo che Paride ha messo sulla scia di Sammy. Non si capisce, di Braianello, di dove venga, quale sia la sua vera funzione e comprensione delle cose. Comprende qualcosa? Sammy Muscarà non lo sa.
Sammy vorrebbe rispondergli che non ha bisogno della scorta, ma sa che è inutile ribattere. I suoi occhi sono irresistibilmente attratti dalla pistola lasciata sul tavolino, proprio lì dove il giorno prima c’era il test di Lux. Toc, aveva fatto. Già, quando Braianello aveva posato la pistola sul tavolo, ne era venuto fuori un Toc che diceva tutta la pienezza e la pesantezza di quell’oggetto che era un oggetto a sé, diverso da tutti gli altri. Pesante, dura, compatta, chiusa in se stessa, eppure smisurata. Sammy sente la propria mano troppo piccola per poter gestire un simile arnese. Cazzo, pensa, lì dentro c’è la morte e quello se la porta a spasso come fosse un accendino o roba del genere. Braianello ghigna, si tira su in piedi e gli si avvicina – Vuoi prenderla? – Sammy sente tutto il peso della mano che preme sulla sua spalla. Fa cenno di no, e il discorso prende un’altra piega – Che è quella roba?
Ci sono altri personaggi, tipo Lucio Gas, i Bellia, Willy, Bernardo Spiro e non ricordo chi altro. Ma di loro un’altra volta, forse. Vorrei concludere questa piccola rassegna con due presenze che non sono personaggi veri e propri. Prima di tutto il Dream camping, il campeggio, lì dove Sammy vuole fuggire…
…c’è una fantastica pineta, gli alberi affondano le radici su terra mista a sabbia. La gente si sdraia su teli da mare grandi e colorati. Il campeggio in sé non è granché, nel senso che la struttura è da rinnovare. Ci sono cinque lunghe vie parallele di terra battuta. Via del Mare, del Sole, del Vento, del Cielo, delle Stelle. Queste vie sono tagliate da stradine secondarie. Ci sono aree riservate alle roulotte, ai camper, alle tende. All’interno del campeggio c’è un piccolo market, un bar, una pista da ballo, una sala giochi. Il Dream Camping guarda in faccia il mare e la pineta che gli copre le spalle, allontana il mondo, protegge dai rumori della strada e dai grandi palazzi che negli anni erano cresciuti tutto intorno. Lì, al centro, c’è Samuele Muscarà, Sammy, convinto, chissà perché, di avere in pugno la chiave per trovare un po’ di serenità…
E poi c’è Wendy, qualcosa come il fido destriero di un cavaliere senza lignaggio o il cavallo di un cowboy che non fa paura a nessuno. È con Wendy, la macchina di Sammy Muscarà, che vorrei concludere questa breve carrellata:
Sammy ha tutta la strada per sé. Corre lungo la SS217 con i finestrini abbassati facendo entrare nella station wagon color melanzana l’aria calda di quei primi giorni di maggio. I suoi lunghi capelli castani svolazzano, sciolti; è distratto da certi pensieri, si guarda la lingua allo specchietto retrovisore… Mentre è lì a far tutto fuorché guidare un clacson lo riporta alla realtà. Un camioncino blu è sempre più vicino e si fa sempre più grande. Sammy preme sul freno e Wendy, così si chiama la sua station wagon color melanzana, rallenta e sbanda leggermente sulla destra. Due ruote lasciano l’asfalto e vanno sull’erba, che è soffice e scivolosa. Wendy e il furgoncino si incrociano senza toccarsi. Sammy riporta la macchina sulla strada e sbuffando controlla il display del cardio-frequenzimetro, che porta al braccio da quando quell’estate se l’era vista brutta.
Per un romanzo diffuso dell'Antropocene
La vita è l'unica opera d'arte che possediamo.
Recensioni, consigli di lettura e cose da lettori
“Faccio dire agli altri quello che non so dire bene io", Michel De Montaigne
«La filosofia sembra che si occupi solo della verità, ma forse dice solo fantasie, e la letteratura sembra che si occupi solo di fantasie, ma forse dice la verità.» (Antonio Tabucchi)
scrittore in Milano, Mondo
ΟYΤΩΣ AΤΑΛΑIΠΩΡΟΣ ΤΟIΣ ΠΟΛΛΟIΣ H ΖHΤΗΣΙΣ ΤHΣ AΛΗΘΕIΑΣ, ΚΑI EΠI ΤA EΤΟIΜΑ ΜAΛΛΟΝ ΤΡEΠΟΝΤΑΙ. «Così poco faticosa è per i più la ricerca della verità e molti si volgono volentieri verso ciò che è più a portata di mano». (Thuc. I 20, 3)
Rivista culturale on line
Che bei nomi hanno questi personaggi!
Grazie!
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