Lì dove è pieno di nomi propri, c'è un nome che di nessuno è proprio. Chi l'ha scelto? Chi lo subisce? E perché? Meschino.
E c’erano poi malati anche più difficili: gli incoerenti, gli sfasati, che vivevano in epoche situate dieci, venti o quarant’anni addietro, senza nemmeno rendersi conto che si trovavano in un ospedale, e senza alcuna coscienza della propria infermità. Ogni giorno Sigmund dedicava varie ore alla lettura di relazioni e articoli su casi riscontrati a Graz o a Zurigo, a Praga o a Parigi, a Milano o a Mosca, a Londra o a New York. Si stavano facendo intensi studi sulle allucinazioni, sulle idee fisse, sulle fantasie, sulle ansietà, sulle paure, sulle manie di persecuzione; si operavano distinzioni e classificazioni; ci si andava sempre più convincendo che queste malattie non insorgevano soltanto in dati tempi o luoghi o per effetto di determinati complessi di circostanze, ma costituivano un fenomeno universale. Gli ospedali, le cliniche, le case di cura, i manicomi del mondo occidentale erano affollati da centinaia di migliaia di persone affette da queste malattie.
Quest’estate, per il mio compleanno, una persona a me cara, consapevole del mio viscerale interesse per l’argomento, mi ha regalato Le passioni della mente. Il romanzo di Sigmund Freud scritto da Irving Stone. Di fronte ad un romanzo lungo quasi mille pagine, scritto da un autore a me fino a quel momento ignoto, io che sono largo di vedute, ammetto di aver soppesato il volume con (spero) ben celata perplessità, pur ringraziando sinceramente chi aveva speso il suo tempo, nonché il proprio denaro, per rendermi lieto. Il libro, pare superfluo dirlo, non è finito nel dimenticatoio solo perché tratta del padre della psicoanalisi. Certo, non si fa leggere per lo stile, che è lineare, convenzionale, scorrevole (e questo, per me, coincide con privo di stile – ma questo non interessa all’autore che, con tutta onestà, si impegna a scrivere bene una biografia che gli è costata molti viaggi e la consultazione di un gran numero di testi, lettere, diari e via discorrendo)…ma, per chi coltiva questo interesse, il romanzo si fa apprezzare per la volontà di ripercorre la vita di Freud dal fidanzamento con Martha Bernays fino alla sua morte, passando per la fuga da Vienna, travolta dal delirio del nazionalsocialismo.
Al centro di queste pagine ci sono un’incrollabile determinazione, una ferma ambizione, la sempre negata ma lampante convinzione di avere un grande destino da realizzare…quel curioso sentimento di sé che spesso conoscono e segretamente coltivano tutti i figli prediletti dalle loro madri (predilezione che spesso è tutt’uno con la loro maledizione). Ci sono i momenti di depressione e numerose carrellate di casi clinici cui il giovane studioso, ancora sprovvisto di strumenti adeguati, non riesce a dare giusta interpretazione: paralisi, tremolii, amnesie, temporanee perdite dell’udito o della parola, manie di persecuzione, un uomo che si autodefinisce “campione mondiale di sputo“. E poi ci sono le inevitabili difficoltà legate all’origine ebraica, la sottile e strisciante intolleranza che presto sarebbe emersa con tutta la sua forza distruttiva; il timore di esser tagliato fuori dalla vita accademica; lo sconforto per le ristrettezze economiche che gli impediscono di sposarsi con Martha.
E poi c’è l’amicizia con Josef Breuer e la consapevolezza, via via sempre più netta, dell’intima relazione fra disagio psichico e sessualità, chiave di volta del futuro edificio psicoanalitico, strumento per leggere l’isteria, dono inestimabile che porterà al celebre caso di Anna O.
I sadici che accoltellano donne in piena strada, di solito nella parte superiore del braccio o nel retto, e nel compiere questo gesto hanno un’eiaculazione; i feticisti che squarciano vestiti femminili o rubano fazzoletti alle donne per masturbarcisi dentro; gli individui che disseppelliscono cadaveri per possederli; i pederasti che aggrediscono i ragazzini; gli omosessuali che vengono sorpresi a commettere atti osceni l’uno sull’altro nei gabinetti pubblici; i pervertiti che si vestono da donne per adescare i maschi; gli esibizionisti che mettono in mostra i loro genitali nei giardini pubblici e nei teatri; i maniaci della flagellazione che si frustano a vicenda; le lesbiche… È una fortuna, Sigmund, che tu non debba occuparti di casi come questi.
Si segue il giovane medico che lascia l’amata Vienna per approdare a Parigi, alla Salpêtrière, alla corte del celebre Charcot e, con lui, all’incontro con l’isteria e all’idea eretica, al barlume: che in questi casi non vi sia lesione organica pure in presenza di disturbi che travolgono il corpo? Ma come può una lesione essere nelle idee della mente? È qui che lo scienziato, figlio del Positivismo imperante, deve lasciare il porto sicuro di ciò è misurabile, verso il senza-fondo dello psichismo.
Fra lavoro durissimo, ricerche e fallimenti, Freud torna a Vienna, si sposa, apre il suo studio medico, diventa padre e stringe nuove amicizie – fra tutte, quella con Wilhelm Fliess. Sempre più prende piede l’ipotesi che certe persone si ammalino a causa di idee annidate, incistate nella mente. Poi l’incontro con una isterica e il monito: “Stia fermo! Non parli! Non mi tocchi!”. Ed ecco la rivoluzione: il medico che non riduce l’altro a oggetto, che tiene le mani a posto e che all’osservazione clinica sostituisce l’ascolto; il medico che ha il coraggio di abbandonare la sua posizione privilegiata per collocarsi in una condizione di passività, lasciando le parole al centro dell’attività analitica. Gli isterici soffrono di ricordi e questi ricordi devono poter liberamente fluire per mezzo della parola.
Da questo momento, e dopo un lungo stallo, le cose iniziano a correre sempre più velocemente, perché una terra mai esplorata prima (diversamente esplorata, bisognerebbe dire – perché questa storia dell’inconscio è molto più complicata di come generalmente viene presentata) si offre allo sguardo di Freud. Ecco fiorire le teorie sul sogno, i lapsus, le nevrosi d’angoscia e, di conseguenza, la necessità di creare la Società di psicoanalisi. Inizia il sodalizio con uomini come Adler e Rank, e poi l’incontro folgorante con Jung e i primi screzi. Con il timido, lento affermarsi della psicoanalisi iniziano i primi problemi. L’incontro con il celebre “uomo dei lupi” e la lettura delle Memorie d’un malato di nervi di D. P. Schreber (di cui, a suo tempo, ho scritto dell’impressione che ha suscitato in me, qui). Arrivano poi gli anni duri, segnati da rotture in seno alla Società, con l’uscita di Adler e Jung, dai lutti, dall’antisemitismo che si allarga a macchia d’olio, dalla malattia che lo colpisce.
Di certo è un romanzo per appassionati alla questione “in oggetto“. L’uomo e la sua teoria, anzi, la sua impresa teorica ed esistenziale. Il quadro che tratteggia Irving Stone è quello di un uomo follemente dedito al lavoro, alla ricerca della verità, nevrotico e generoso, bisognoso di condividere i risultati delle sue ricerche, marito fedele, ladre devoto, ma anche profondamente ambizioso. Ecco, forse sta qui la pietra d’inciampo di una lettura altrimenti piacevole. Forse passa in secondo piano l’altra faccia della medaglia di questa ambizione e la ferma volontà di preservare la nuova disciplina, controllando la Società e determinandone quasi dogmaticamente i confini, imponendo una dottrina, un edificio, rendendola sempre più una Chiesa. E se è vero che ogni Chiesa ha i propri santi e martiri, altrettanto vero è che per ogni comunità di fedeli ci sarà sempre una schiera di eretici. Ci sono uomini che hanno pagato amaramente, addirittura con la vita, la ferma volontà di controllare l’edificio, la teoria – ma di questo, chissà, se ne potrà parlare in altra occasione. Certo, Freud non pensava ad una Chiesa (in senso simbolico), quando andava costruendo l’edificio della psicoanalisi, ma ad una concreta opportunità per l’avvenire dell’umanità. Questa aspirazione profonda e questa intima certezza Irving Stone ha il merito di restituircele, ma è alle parole di Freud stesso che voglio lasciare l’ultima parola. Queste sono tratte da Le prospettive future della teoria psicoanalitica.
La società non avrà fretta di riconoscerci un’autorità. Essa è destinata a opporci resistenza perché noi abbiamo un atteggiamento critico nei suoi confronti: noi le dimostriamo ch’essa stessa svolge un’importante funzione nella causazione delle nevrosi. Nello stesso modo in cui ci rendiamo nemico il singolo scoprendo ciò che in lui è rimosso, così anche la società non può rispondere con cortese accoglienza alla spregiudicata messa a nudo delle sue insufficienze e dei danni che essa stessa produce.
STORIE SELVATICHE DI FIABE, MITI E TESTI SACRI CHE APRONO LE PORTE ALLA RICCHEZZA
Il mondo nel quale siamo nati è brutale e crudele, e al tempo stesso di una divina bellezza. Dipende dal nostro temperamento credere che cosa prevalga: il significato, o l'assenza di significato. (Carl Gustav Jung)
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Un po' al di qua e un po' al di là del limite
Per un romanzo diffuso dell'Antropocene
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Recensioni, consigli di lettura e cose da lettori
Molto interessante, c’è parecchia materia di riflessione.
Grazie Guido. Ripeto, per chi è interessato alla materia è una lettura piacevole e stimolante. Certo, chi cerca una storia avvincente avrà di che sbadigliare con le vicende di un giovane viennese che passava le sue giornate in laboratorio o nelle corsie di ospedali psichiatrici per poi mangiare panini imburrati con la moglie. In questo caso c’è Il Conte di Montecristo. Un saluto.
Magari pure fosse almeno il Conte di Montecristo! Bene o male è sempre un leggere e non uno smanettare lo smartcoso per poi tuittare materia appunto da Freud&Co.
Io reputo il Conte di Montecristo un capolavoro assoluto che si può leggere a molti livelli (mole a parte). Mentre questo, che non è un capolavoro, ma un libro interessante, ha un solo livello. Prendere o lasciare.