Lì dove è pieno di nomi propri, c'è un nome che di nessuno è proprio. Chi l'ha scelto? Chi lo subisce? E perché? Meschino.
Seconda e ultima parte di una serie di post dedicati a Rovesci. Non dirò di più perché nel precedente (qui) ho già spiegato il poco che c’era da spiegare. Buona lettura.
TRASCEN-DANCE
La fantasia è da intendersi tanto in senso causale quanto in senso finalistico. A una spiegazione causale essa appare come sintomo di uno stato fisiologico o personale che è il risultato di avvenimenti precedenti. Alla spiegazione finalistica, invece, la fantasia appare come un simbolo che tenta, con l’ausilio dei materiali già esistenti, di caratterizzare o di individuare un determinato obiettivo o piuttosto una determinata futura linea di sviluppo psicologico.
C. G. Jung, Tipi psicologici
Perché in Trascen-dance si tratta, in fondo, di un malessere che spesso appare gratuito, senza causa né vero scopo. Di un malessere che, però, cerca una ricomposizione di sé per mezzo di pensieri e comportamenti che possono sembrare, ad un primo sguardo, semplici bizzarrie, pensieri grotteschi – mentre, a dirla tutta, tali pensieri e bizzarrie sono spesso punto di incontro, nel presente, fra il passato e il suo peso, e il futuro, con la sua promessa di liberazione e, al tempo stesso, tutto il timore che genera.
WENDY
L’individuazione è un compito eroico o tragico, in ogni caso difficilissimo, perché implica un patire, una passione dell’io, cioè dell’uomo empirico comune, quale è stato finora, a cui accade di essere accolto in una più vasta sfera, e di spogliarsi di quell’ostinata autonomia che si crede libera. Egli patisce, per così dire, la violenza del Sé.
C. G. Jung, Saggio d’interpretazione psicologica del dogma della Trinità
Perché, in Wendy, in fondo, si cerca di maneggiare il fuoco dell’adolescenza sempre impossibile e del travaglio che comporta il suo superamento; lì dove le differenze sono amputazioni, le relazioni potenzialmente disumanizzanti. Tempo in cui si offre qualcosa di sé, gratuitamente; tempo in cui questo “qualcosa” viene spesso lasciato cadere, abbandonato nel mondo da chi credevamo nostro custode, perché è proprio della gioventù il perdere se stessa, per poi poter andare avanti.
UNA LUCE PURISSIMA
Stirpe miserabile ed effimera, figlio del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggioso non sentire? Il meglio è per te assolutamente irraggiungibile: non esser nato, non essere, essere niente. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è – morire presto.
F. Nietzsche, La nascita della tragedia dallo spirito della musica
Perché, in fondo, in Una luce purissima si tratta del rischio, sempre incombente, di non resistere alla potenza del mondo, a quanto può infliggere. Perché il singolo può rinunciare, abbassare le mani, mollare la presa, abbandonando persino il tentativo di tentare una risposta.
CONTINUA A SCAVARE
Si intraprende un viaggio dopo l’altro, si cambia uno spettacolo dopo l’altro. Come dice Lucrezio: “In questo modo ciascuno fugge sempre se stesso”; ma che gli giova, se non riesce a sfuggirsi? Tiene dietro a se stesso ed incalza come pesantissimo compagno. Dobbiamo pertanto sapere che non è difetto dei luoghi quello per cui ci affliggiamo, ma nostro: siamo deboli a tollerare ogni cosa né sappiamo sopportare la fatica né il piacere né noi stessi né alcuna cosa abbastanza a lungo. Questo difetto spinse alcuni alla morte, poiché, cambiando spesso propositi, rotolavano indietro verso le medesime posizioni e non avevano lasciato posto alla novità: a noia cominciò a venire loro la vita e persino il mondo, e si insinuò quella domanda, che è propria di una marcia raffinatezza di vita: “Fino a quando le medesime cose?”
Seneca, Della tranquillità dell’animo
Perché in Continua a scavare si tratta, in fondo, di questo incessante lavorio di scavo e ricerca, della frenesia dell’uomo che rimbalza da una meta all’altra, pensando, di volta in volta, che più in là vi sia aria, luce, liberazione.
Per un romanzo diffuso dell'Antropocene
La vita è l'unica opera d'arte che possediamo.
Recensioni, consigli di lettura e cose da lettori
“Faccio dire agli altri quello che non so dire bene io", Michel De Montaigne
«La filosofia sembra che si occupi solo della verità, ma forse dice solo fantasie, e la letteratura sembra che si occupi solo di fantasie, ma forse dice la verità.» (Antonio Tabucchi)
scrittore in Milano, Mondo
ΟYΤΩΣ AΤΑΛΑIΠΩΡΟΣ ΤΟIΣ ΠΟΛΛΟIΣ H ΖHΤΗΣΙΣ ΤHΣ AΛΗΘΕIΑΣ, ΚΑI EΠI ΤA EΤΟIΜΑ ΜAΛΛΟΝ ΤΡEΠΟΝΤΑΙ. «Così poco faticosa è per i più la ricerca della verità e molti si volgono volentieri verso ciò che è più a portata di mano». (Thuc. I 20, 3)
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