Tommaso Aramaico

Lì dove è pieno di nomi propri, c'è un nome che di nessuno è proprio. Chi l'ha scelto? Chi lo subisce? E perché? Meschino.

Non è iniziata che è già finita – Estate

Era settembre. Gli ultimi giorni del mese, quando, senza motivo, le cose diventano tristi. La spiaggia, sulla quale c’erano circa sei persone, appariva lunga, solitaria. I bambini smisero di far rimbalzare la palla perché il vento, fischiando a quel modo, aveva reso un po’ tristi anche loro; si sedettero e sentirono avanzare l’autunno lungo il lido sterminato.

Non è un mistero che per molte persone l’estate sia più un problema che altro. L’estate non è una stagione, un periodo dall’anno, ma una categoria dello spirito, una condizione. Si dirà, è vero, ma è altrettanto vero che neppure le altre sono semplici stagioni, meglio, che anche le altre sono stagioni dello spirito. Certo, certo, ma se si prescinde da quanto ci viene propinato dall’esterno e che ostinatamente e disperatamente ci sforziamo di incarnare, allora si potrebbe finalmente far emergere tutta la specificità dell’estate e il fatto che per molti, per gli adulti, ogni estate porti con sé il sentimento delle estati passate, di quelle perdute, delle estati del bambino che siamo stati.

C’è un piccolo racconto di Ray Bradbury, intitolato Il lago, che presenta magnificamente questo sentimento, perché capace di scavare nelle mille stratificazioni che formano l’adulto per riportare alla luce proprio quel ragazzino che durante le altre stagioni (da intendere, ovviamente in senso simbolico) rimane perlopiù sepolto sotto la coltre di impegni, pensieri, catene e catenacci di ogni tipo. Potrebbe sembrare una semplificazione, certo, ma alle volte le semplificazioni sono di grande aiuto. Cosa farebbe emergere, in fondo, questo brevissimo racconto? Io credo che si tratti dell’intimo legame che tiene insieme l’estate e le prime esperienze di libertà che segnano lo spirito di ogni individuo che si prepara a perdere una volta e per tutte l’infanzia. Qui il protagonista è un dodicenne, sperduto sulla spiaggia in compagnia della madre, quando l’estate è ormai finita.

Quella solitudine aveva qualcosa che mi fece desiderare di allontanarmi da solo. “Mamma, voglio correre lontano lungo la spiaggia“, dissi. […] La mamma, seduta, rimpicciolì in distanza. Non tardò a essere un puntolino scuro e fui completamente solo. Questa è una novità per un dodicenne. È abituato ad avere sempre qualcuno in giro. L’unico modo in cui può essere solo, è nella propria mente. Un ragazzino ha tanta gente in giro, a dirgli quel che deve e non deve fare, che per starsene per conto proprio e nel proprio mondo, deve scappare via lungo una spiaggia, sia pur solo mentalmente. Adesso, ero solo realmente.

L’estate è il momento dei primi incontri con la libertà, è il momento degli incontri inaspettati. L’estate è il momento di ciò che è accidentale, sconosciuto, destabilizzante. In cui le attività non sono strutturate o, almeno, non dovrebbero esserlo. Lasciando perdere per un attimo il racconto di Bradbury, ognuno avrà certo dei ricordi con cui andare a ricucire la trama di un passato fatto di corse, amicizie di un pomeriggio, incontri perturbanti con la se-n/s-sualità, interminabili pedalate solitarie, immersioni da quattro soldi, voci vaporose che avvolgono mentre si è stesi a pancia in giù sul telo col sole che picchia sulla schiena. Chi non ha coltivato l’oscura sensazione che la vera vita fosse sempre centro metri più in là, dove la prospettiva schiacciava le persone, i ragazzi della tua età, fino a farne una piccola folla? Qualcuno, forse, si troverà a rivivere quei primi, potenti no urlati ai genitori, quando volevi uscire da solo e andare in giro senza portarti dietro il fratello più piccolo, perché non volevi nessuna zavorra e perché già hai la tua e, in qualche modo, volevi farci i conti, perché insomma, stavi crescendo e c’era qualcosa che ti diceva che il momento era arrivato. Ma per cosa? Il non saperlo non era un’obiezione, al contrario, rendeva la fuga e la ricerca ancor più urgenti. E poi c’erano i braccialetti bruciati dal sole e scoloriti dal sale, scambiati con qualcuno che non si sarebbe rivisto mai più, qualcuno che, come te, condivideva un destino ancora tutto nelle mani di genitori dalla volontà imperscrutabile che avrebbero scelto la meta per la prossima estate senza tener conto dei tuoi desideri. Braccialetti magici, da proteggere per mesi, custodi di un ricordo al riparo dall’esame di realtà e – grazie a dio – dalla voracità delle foto col cellulare, dai messaggi che vanificando il sentimento dolce della perdita. L’estate, in fondo, è quella torrida pozza di senso che offre esperienze capaci di riempirci proprio nel momento in cui scavano in noi un vuoto. Dove sono andate a finire quelle maledette estati? Quelle estati lunghissime ed estenuanti? Quelle estati in cui oziare diventava un lavoro durissimo e dove si era come cani randagi alla ricerca di qualcuno cui camminare accanto? Come riviverle? Non voglio, adesso, svelare il particolarissimo e tragico modo con cui il giovane protagonista di questo racconto di Bradbury riuscirà, una volta diventato un uomo adulto e sposato, a riscoprire l’assenza di quelle estati…il lettore interessato andrà da sé a cercare riscontri. La sua vicenda, qui, funge da mero pretesto…

Il giorno dopo, partii in treno. Un treno ha la memoria corta, si lascia in breve tutto alle spalle. Dimentica i campi di granturco dell’Illinois, i fiumi della fanciullezza, i ponti, i laghi, le valli, le ville, le ferite e le gioie…Io m’allungai d’ossa, misi su carne, sostituii alla mia mente infantile una più vecchia…ci fu una giovane donna…dopo qualche tempo che la conoscevo ci sposammo…avevo dimenticato l’Est…Margaret propose che il nostro viaggio di nozze, troppo a lungo rimandato si facesse da quelle parti…Al pari della memoria, un treno agisce in due direzioni. Può riportati a precipizio tutte quelle cose che t’eri lasciato dietro tanti anni prima.

Ogni estate, in qualche modo, può essere l’occasione per riprendere quel treno che torna indietro. Come scongiurare il fatale ripresentarsi di un’estate già finita e, al tempo stesso, ancora alle porte e perciò tutta da sopportare? Come dare un taglio alle chiacchiere dell’adulto pretenzioso? E mettere a tacere, per qualche settimana, anche questo foglio virtuale? Agosto è alle porte – deve iniziare ed è già soffiato via, evaporato al caldo vento di queste giornate insopportabili. Come riportarlo qui, adesso? Non lo so proprio. Però lo si può spiare, ad esempio, attraverso le innumerevoli gesta di tutta quella schiera di ragazzini impacciati e rumorosi che incontriamo nei campeggi, sulle spiagge, lungo sentieri isolati. Si può iniziare da lì, forse, registrando le loro plateali perplessità, i loro ghigni spaventati nel ritrovarsi con un corpo che sta crescendo e si sta trasformando intorno ai loro pensieri ed emozioni, un corpo che ancora non sanno padroneggiare, così come non sanno padroneggiare le prime forme di libertà che vengono loro concesse. E potrebbe cercare di non arrabbiarsi, l’adulto che fatica a ricordare, quello che vuole riposare. Potrebbe cercare di non voltarsi dall’altra parte, infastidito o disgustato o, ancora, sprezzante. Li osservi, invece. Si muovono in banchi, come pesciolini nell’acqua bassa e limpida della prima giovinezza. Riconoscerà se stesso, forse, e le angosce del ragazzino che un tempo è stato; potrebbe captarne i pensieri confusi che puntano a qualcosa che loro ancora non sanno ma che deve esserci per forza, dato che emana una potenza irresistibile. Riconosca se stesso in quei tumulti d’estate su due gambe, nei loro tic, nelle stereotipie, nelle risate sguaiate, nel timbro della voce che muta…perché altrimenti l’estate è e rimarrà solo dei ragazzi, e sarà perduta per sempre. Tornare mutati, ecco cosa offre l’estate. Ma affinché questo accada si dovrà accettare tutto il vuoto che dona, la libertà che offre…

Arrivederci a settembre, dunque…a quando, inesorabilmente, la voragine scavata da un agosto non ancora iniziato, appena finito, sarà l’unico argomento possibile…

4 commenti su “Non è iniziata che è già finita – Estate

  1. Guido Sperandio
    luglio 23, 2019

    L’estate (l’agosto in particolare modo) è il vero capodanno.

  2. ilblogperte
    agosto 4, 2019

    grazie per seguire il mio blog 😊

  3. Pingback: L’ennesima estate… | Tommaso Aramaico

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Questa voce è stata pubblicata il luglio 23, 2019 da con tag , , , .

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