Lì dove è pieno di nomi propri, c'è un nome che di nessuno è proprio. Chi l'ha scelto? Chi lo subisce? E perché? Meschino.
Un uomo aveva un asino che lo aveva servito assiduamente per molti anni; ma ora le forze lo abbandonavano e di giorno in giorno diveniva sempre più incapace di lavorare. Allora il padrone pensò di toglierlo di mezzo, ma l’asino si accorse che non tirava buon vento, scappò e prese la via di Brema: là, pensava, avrebbe potuto fare parte della banda municipale.
Leggendo I musicanti di Brema, celebre fiaba dei fratelli Grimm, vien da pensare che un po’ tutti si sia, in qualche modo, in cammino verso Brema. La storia è nota. Un asino, un cane, un gatto e un gallo, avevano per anni servito fedelmente i rispettivi padroni che, ad un certo punto e per diversi motivi, decidono di affogarli, cucinarli, scannarli. Le bestie, fedeli ma non stupide, decidono di abbandonare le rispettive case per cercare un po’ di fortuna altrove. Nel loro errare, però, si incontrano, e si mettono insieme per andare a suonare nella banda della città di Brema. Ad un certo punto, non potendo raggiungere la meta prima del calar della notte, si ritrovano, col buio, nel bosco. Vedono una casa e vanno a vedere se possono trovarvi rifugio. E chi ci trovano? Dei briganti che mangiano e bevono. Ecco, allora, che irrompono nella casa e danno inizio al loro piccolo e rumorosissimo concerto fatto di ragli, abbaiamenti, chicchiricchì e miagolii sinistri. Convinti che fossero fantasmi, i briganti scapparono via, abbandonando la casa. Gli animali siedono a mangiare e solo quando si sentono sazi, spengono le luci e vanno a dormire. Quando poi, nella notte, un brigante entra in casa per controllare la situazione, i quattro amici si sollevano nuovamente, e giù morsi, graffi, calci e fragorosi chicchiricchì. Così il brigante fugge e, raccontata l’agghiacciante avventura nella casa a suo dire infestata di mostri e streghe, la banda decide di andarsene il più lontano possibile e non ritornare mai più. Le quattro bestie tornano a dormire e il mattino seguente, nuovamente seduti a tavoli, si rendono conto di non volersene più andare. Dimenticata Brema, cacciati i briganti, padroni di una nuova casa, non c’è più motivo per andar via.
Non è la vita, forse, fuga “da” ciò che nega la vita? E non è, forse, questa fuga, al tempo stesso, movimento “verso” qualcosa che rinforza il sentimento della vita? E non si è, forse, in questa fuga, alla ricerca di compagni di viaggio? Di persone con cui si condividere una meta? E non accade spesso, molto spesso, che nel bel mezzo del cammino, si rinunci per un attimo al perseguire la meta, per prendere una pausa, per tirare il fiato? E non succede anche che nel bel mezzo di una meritata pausa, possa accadere di trovare un conforto insperato? E non accade spesso che proprio quel qualcosa di insperato riveli di avere in sé quell’essenza che non si conosceva, di cui si era persa memoria e che aveva dato inizio al doloroso e avvincente viaggio?
È vero che si vuole andare a Brema? A suonare? O non si è, forse e senza saperlo o sperarlo più, alla ricerca di quella casa che persone da sempre amate minacciavano di negarci una volta e per tutte e che persone mai sognate prima riescono ad offrirci?
Ci sono diverse versioni de I musicanti di Brema, così come diversi finali. Fra i diversi adattamenti che mi sono trovato a collezionare, nel tempo, ce ne è uno che non mi stanco di leggere e ripetere a mente. Semplicemente non mi annoia. Ben si adatta al ritornello che non si stanca, questa fiaba, di proporre.
….e a chi questa storia non crede, ha gli occhi ma non vede…
“Faccio dire agli altri quello che non so dire bene io", Michel De Montaigne
scrittore in Milano, Mondo
«Oὕτως ἀταλαίπωρος τοῖς πολλοῖς ἡ ζήτησις τῆς ἀληθείας, καὶ ἐπὶ τὰ ἑτοῖμα μᾶλλον τρέπονται.» «Così poco faticosa è per i più la ricerca della verità, e a tal punto i più si volgono di preferenza verso ciò che è più a portata di mano». (Tucidide, Storie, I 20, 3)
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Un uscio, una cosa d'ognuno cose.
di letture e scritture a cura di giulio mozzi
Una grande fiaba. Chissà perché abbiamo bisogno di un bambino cui raccontarla.Chissà perché, tra adulti, la sera, non ci ritroviamo per narrarla, questa ed altre. Perché è una fiaba, e chiede la voce del narratore.
E chiede poi di venir commentata. Nessuna difficotà a trascorrere le ore.
Splendida. Non mi sazio di leggerla. Ne parlavamo tempo fa, credo, della serietà delle fiabe, del loro carattere duro, alle volte cruento. Da spaventare, ipnotizzare, esaltare adulti e bambini.