Lì dove è pieno di nomi propri, c'è un nome che di nessuno è proprio. Chi l'ha scelto? Chi lo subisce? E perché? Meschino.
Freud è sommamente chiaro: il successo costante e universale della tragedia di Edipo proverebbe l’esistenza parimenti universale, nella psiche infantile, di una serie di tendenze simili a quella che conduce l’eroe alla rovina […]. Uccidendo suo padre, sposando sua madre, egli esaudisce il desiderio della nostra infanzia che ci sforzavamo di dimenticare. La tragedia è dunque in tutto paragonabile ad una psicoanalisi: togliendo a Edipo il velo che dissimula il suo volto di parricida, d’incestuoso, ci rivela a noi stessi.
Edipo senza complesso è un brevissimo saggio in cui Jean-Pierre Vernant, eminente studioso dell’antichità classica e promotore della psicologia storica, smonta il tentativo freudiano di rinvenire nella tragedia sofoclea il dramma dell’uomo in quanto tale. Secondo Vernant il ragionamento del padre della psicoanalisi poggerebbe su di un “circolo vizioso“. In poche parole, il dramma di Sofocle sarebbe interpretato a partire da una teoria già data e, più precisamente, a partire “dall’universo onirico” dei pazienti contemporanei a Freud stesso. In poche parole, l’interpretazione della tragedia di Sofocle non emergerebbe come esito – non dato in premessa – di una minuziosa interpretazione del testo, ma sarebbe premessa.
Contro Freud, Vernant dimostra con numerosi, precisi e preziosi richiami al testo, che il materiale dell’Edipo non è il sogno, ma il problema del soggetto nel VI-V secolo avanti Cristo, la sua posizione nella Polis, nel Cosmo, il problema della volontà e libertà, il suo rapporto con gli dei – tutto questo, secondo Vernant, rimarrebbe misconosciuto nell’interpretazione freudiana, che appiattirebbe la complessità della vicenda edipica, distorcendola e riducendola all’incesto e al parricidio. Nell’eroe tragico vi sarebbe molto di più.
…la tragedia situa di colpo l’individuo al bivio dell’azione, di fronte a una decisione che lo impegna interamente; ma questa scelta ineluttabile si opera in un mondo di forze oscure e ambigue.
Passando per Esiodo e la sua Teogonia e arrivando fino a Sofocle, Vernant mostra come questa volontà di rintracciare in modo onnicomprensivo l’intrigo edipico, sia frutto di una lettura dogmatica della sapienza classica. Nulla di “sintomatico” vi sarebbe in Edipo, nessuna legge inconscia guiderebbe il suo agire. Altre sono le categorie adatte a leggerne la vicenda: tracotanza, ricerca di onore e potere.
Il significato di un sogno appare esso stesso, come fenomeno simbolico, un fatto culturale che discende da uno studio di psicologia. A questo riguardo si potrebbe proporre agli psicoanalisi di farsi più storici e di cercare, attraverso le diverse “Chiavi dei sogni” che si sono succedute in Occidente, le costanti e le trasformazioni eventuali del simbolismo dei sogni.
Insomma, per farla breve, se Edipo potesse parlare, potrebbe finalmente tirare un sospiro di sollievo e difendersi – Edipo sai tu, direbbe a chi gli imputasse desideri tanto osceni. Uccidere il padre, unirsi carnalmente alla madre, che orrore. Sdoganato, liberato, finalmente ricondotto ad errori che sono veramente suoi e non attribuiti a posteriori, secoli e secoli dopo: una certa avventatezza, l’esser troppo sicuro di sé, della sua posizione, della sua idea ed interpretazione della realtà. Si potrebbe andare avanti, portare il discorso all’autore della tragedia, metterlo allo specchio. Potrebbe rimuginare un poco sulla questione, Sofocle, e chiedersi, Ma come e perché mi è passata per la testa una cosa del genere? Perché proprio questa tragedia, queste oscenità, fra le tante? E ancora, rivolgendo nuovamente lo specchio ad un Edipo ormai sdoganato, tranquillo. Come reagirebbe? Chissà se in fondo in fondo, ma proprio in fondo, pure ad Edipo potrebbe venire la pelle d’oca, magari scosso ed attraversato da un pensiero-saetta…chissà.
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Per un romanzo diffuso dell'Antropocene
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