Tommaso Aramaico

Lì dove è pieno di nomi propri, c'è un nome che di nessuno è proprio. Chi l'ha scelto? Chi lo subisce? E perché? Meschino.

Figure della madre – Il libro dell’Es

Lei trova esagerata la mia affermazione che le madri non sappiano quasi nulla dei loro bambini. Certo, Lei dice, anche il cuore di mamma può sbagliare, anzi, probabilmente, sbaglia più spesso di quanto le madri stesse non credano, e a volte può perfino sbagliare nelle cose più importanti e più vitali; eppure, se c’è al mondo un sentimento di cui ci si può fidare, è proprio l’amore materno, il più profondo di tutti i misteri. Allora, vogliamo parlare un pochino dell’amore materno?

Dopo diversi interventi sulla figura della madre, dalla quella (simbolicamente) morta (qui) a quella della cura (qui), adesso vorrei presentare un’altra visione ed approccio a tale figura per mezzo di un testo incredibile, Il libro dell’Es. Lettere di psicoanalisi a un’amica di Georg Groddeck, medico eccentrico (a cui piaceva presentarsi come tale) che per primo, rifacendosi a Nietzsche, conia il concetto di Es in contrapposizione all’Io cosciente. Merito che lo stesso Freud gli riconosce senza riserva o esitazione. Questo testo è scritto sotto forma di un ideale carteggio fra un medico eccentrico ed una donna illuminata e di larghe vedute che cerca un primo, diffidente approccio a questa nuova scienza della psiche che è la psicoanalisi. I temi affrontati sono innumerevoli e a-sistematicamente si affastellano l’uno sull’altro. Sono spesso appena tratteggiati, altre volte abbandonati per poi essere ripresi in modo inaspettato o, ancora, operanti sotto traccia in modo tale che il lettore, convinto di star seguendo un argomento, si accorge che in verità si sta parlando d’altro. Può sembrare assurdo, banalmente caotico, mentre, al contrario, è pienamente coerente con l’assoluta imprevedibilità delle stesse vie della psiche, che agisce sempre e comunque sotto mentite spoglie. Non risparmia, tale dinamica e procedimento, neppure il tanto cantato ed idealizzato rapporto madre-figlio. Rapporto che qui si carica di sensi e valenze inaspettati e, a tratti, inquietanti. Ma prima sarebbe bene restituire una prima idea di cosa Groddeck intende con Es – fermo restando che dell’Es si può dire sempre e comunque ciò che, appena detto, non è più…

…in primo luogo si renderà conto di come la nostra vita sia governata da forze che non operano alla luce del giorno, e che bisogna indagare con molta fatica…in noi avvengono molte cose al di fuori del nostro pensiero cosciente…Io ritengo che l’uomo sia vissuto da qualcosa d’ignoto: vi è in lui un Es, un’entità prodigiosa che dirige tutto ciò che egli fa e tutto ciò che gli accade…L’uomo è vissuto dall’Es…Una cosa ancora: dell’Es noi conosciamo soltanto ciò che sta dentro alla nostra coscienza, ma di gran lunga la maggior parte di esso è territorio inaccessibile.

È da queste considerazioni sulla natura dell’Es che bisogna prendere le mosse per tentare di comprendere il carattere multiforme e contraddittorio della figura della madre, figura che ad un primo sguardo pare essere caratterizzata da puro amore scevro di ombre, ma che ad un esame più attento e più disponibile e privo di pregiudizi si mostra in tutta la sua lampante ambivalenza. Basterebbe, in prima battuta, rivolgere lo sguardo alla semplice quotidianità, lì dove la madre, nel suo continuo accudire il proprio bambino, a più riprese fa (inconsapevolmente e suo malgrado) emergere una “certa dose di indifferenza, di fastidio, di odio“. Coeva all’amore e come suo rovescio, la madre nutre avversione per il figlio (ovviamente un’avversione speculare a quella del bambino che ama la madre), perché lì dove c’è amore non possono che esserci anche avversione, invidia, rancore. La spiegazione di tale fenomeno è fin troppo semplice: nell’amore che proviamo l’altro ha su di noi un potere che solo a fatica possiamo sopportare; al tempo stesso l’essere amati si manifesta come una pesante catena per chi è oggetto d’amore. Diviene dunque lampante che sì, sappiamo molto sulla natura dell’amore materno, ma molte meno cose sappiamo dell’odio materno, perché mentre per credere in questo amore non abbiamo bisogno di dimostrazioni od argomenti, per l’odio che vi si lega indissolubilmente, al contrario, le innumerevoli prove ed argomentazioni sembrano non essere mai sufficienti. Chi, del resto, non viene attraversato da un brivido al solo pensiero che la madre possa desiderarne la morte? Chi può escludere che tale pensiero non vada a risvegliare un antico, ancestrale timore o, forse, un’esperienza o un’intuizione infantile? E se ci fosse capitato, durante l’infanzia, di intravedere un lampo attraversare gli occhi di nostra madre? Adesso che ci penso – e mi permetto di rimandare di sfuggita a me stesso – in Ringraziare campeggia una figura terrificante della madre. Una madre che ha dato la vita e che poi si è fatta simbolo di colei che dona, minaccia di donare, la morte.

…chi sa interpretare l’inconscio non crede più all’onnipotenza dell’amore, ma capisce che l’odio è altrettanto potente dell’amore, e che nel mezzo c’è l’indifferenza, che rappresenta la norma.

Le madri sanno poco o nulla del proprio odio verso i loro figli e, al tempo stesso, è facile intendere perché tutti noi dimentichiamo in modo tanto eclatante i nostri primi anni di vita. L’ambivalenza che sarebbe presente in ogni donna, ben radicata nell’Es, emergerebbe nelle nausee e nel vomito, da intendere anche come volontà di rigettare (simbolicamente) il figlio percepito come intruso; tale ambivalenza andrebbe persino ad interferire sulla possibilità stessa di concepire un figlio, nel senso di essere gravide. Fra suggestioni e provocazioni, estremizzazioni ed esempi lampanti – le lettere sono infarcite di innumerevoli storie e storielle, oltre che di brevi esposizioni di casi clinici – si passano in rassegna casi di donne gravide che cadono, scivolano, inciampano, si provocano le più assurde ferite, ingeriscono sostanze velenose o chissà che altro – sono donne che coscientemente ardevano dal desiderio di avere un figlio, ma il cui Es, probabilmente, aveva altre intenzioni: “È meglio che tu non abbia un bambino!“. La stessa nascita avverrebbe non tanto (o non esclusivamente) per ragioni biologiche, ma in virtù dell’odio, come espulsione di un altro corpo vissuto come limitazione, impaccio, ingombro.

…anche il bambino non ne può più di starsene nelle tenebre, e da parte sua favorisce attivamente il parto…perché avvenga la nascita, dev’esserci nella madre e nel bambino un comune desiderio di separarsi.

Si potrebbe andare avanti a lungo con questa carrellata di esempi ed argomenti, ma alla fine il fulcro della questione sta a monte, e cioè nella disponibilità a non assolutizzare il ruolo dell’amore materno, che nessuno si sognerebbe mai di negare, per lasciare spazio all’idea che nella madre sia ugualmente radicato l’odio per il figlio.

Persino nel parto, lì dove massimamente la madre sembrerebbe al servizio del figlio con dolori inimmaginabili, in realtà assolve anche ad altri bisogni ed impulsi. Il parto, sotto il velo del dolore, sarebbe intriso di eros e piacere. Gli occhi stessi della donna che ha appena partorito sono pieni di estasi e di uno splendore che raramente riaffiorerà con la stessa intensità. Per Groddeck il sublime godimento, e il relativo sentimento di onnipotenza, esige dolore: “anche la gallina canta dopo aver fatto l’uovo“. E da qui si passa all’ultimo, forse più importante aspetto del rapporto della madre con il figlio: il piacere. Il legame fra la madre è il figlio non risiede solo nella cura amorevole, ma anche e soprattutto nel fatto che queste primissime cure avranno a che fare col corpo del figlio, che sarà maneggiato, sfregato, strofinato, producendo piacere e dunque amore e riconoscenza. Questo piacere farà da collante, rinsaldando un legame la cui intensità non sarà mai più aggiunta nella vita, ma solo disperatamente e malinconicamente replicata nell’adulto. Quello della madre con il figlio è un rapporto spaventoso ed intricato, fatto di amore e tenerezza ma che, se lo si vuol veramente comprendere, deve essere osservato nei suoi molteplici, urtanti e desolanti aspetti.

È il destino della madre ferire il proprio figlio nei suoi sentimenti più profondi, e non c’è buona volontà o previdenza che lo possa anche minimamente impedire. Ah, mia cara amica, quante cose tragiche nella vita attendono ancora il poeta che le canti! E forse questo poeta non ci sarà mai.

10 commenti su “Figure della madre – Il libro dell’Es

  1. Guido Sperandio
    gennaio 13, 2018

    Ho molto apprezzato questo tuo cogliere un tema basilare-universale, e stuzzicare con un’analisi inconsueta e nel contempo perfettamente logica e sostenibile.
    A ridimensionare luoghi comuni e retoriche.

    • tommasoaramaico
      gennaio 13, 2018

      Grazie. Difficile scalfire questo pregiudizio positivo nei confronti della figura della madre. Vincerlo, tuttavia, non andrebbe a mio avviso a scapito di questa stessa “basilare-universale” forma di vita, bensì servirebbe ad “umanizzare” la madre, a restituirle il suo esser donna e restituirle la possibilità di sbagliare o di sentir-si crudele, stanca, svogliata senza per questo sentirsi un mostro o una madre snaturata…

  2. Tratto d'unione
    gennaio 16, 2018

    Le madri non sono tutte amorevoli. E l’odio per i propri figli è spesso palese, non tanto difficile da stanare. Irène Némirovsky lo racconta bene in alcuni suoi libri e molti di noi non hanno avuto la fortuna di avere madri che ci amassero.

    • tommasoaramaico
      gennaio 16, 2018

      Tristemente vero. Purtroppo di Némirovsky non ho ancora avuto modo di leggere nulla. Presto riparerò a questa mancanza.

  3. Renza
    gennaio 17, 2018

    All’ odio materno fa da contraltare l’ eccesso di amore, sempre materno. A Némirovsky che ha descritto figure ( una figura, sua madre) terribili accosterei in antitesi Romain Gary che ne La promessa dell’ alba afferma- cito molto sommariamente a memoria- che con l’ amore materno la vita fa all’ alba una promessa che non manterrà mai e ogni volta che qualcuno ci ama il pensiero va a quella promessa che non ha eguali. Dunque è solo un gioco tra un odio che non si dimenticherà mai e un amore che non si ritroverà mai più ?

    • tommasoaramaico
      gennaio 17, 2018

      Suppongo che il dettato che sta alla base del testo di Groddeck sia quello dell’ambivalenza. L’amore non esclude l’odio e viceversa. Credo che sia il riconoscimento dell’umanità dell’uomo…

  4. Ivana Daccò
    gennaio 20, 2018

    Bellissima recensione di un bellissimo libro, imperdibile nel genere, pur con tutte le riserve dovute in merito al contenuto. Una lettura di molti anni fa che ha lasciato un forte segno, rimasta in me fortemente presente. Non secondariamente, una scrittura da cui non si sfugge.
    Guarda caso, avevo pensato, proprio di recente (sistemando libri), a una rilettura, senza passaggio all’atto. Forse, ora, ci farò su un pensiero maggioremente operativo.

    .

    • tommasoaramaico
      gennaio 21, 2018

      Grazie. Sì, pare datato in alcune sue parti, se si pensa alle attuali acquisizioni della scienza. Eppure è proprio la sua (apparente) inattualità a renderla utile, quasi un antidoto all’attuale “sudditanza” nei confronti della scienza e di ciò che è quantificabile. Rende liberi, secondo me, questa apertura all’ineffabile operare per l’Es…

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Questa voce è stata pubblicata il gennaio 13, 2018 da con tag , , , .

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