Lì dove è pieno di nomi propri, c'è un nome che di nessuno è proprio. Chi l'ha scelto? Chi lo subisce? E perché? Meschino.
C’è un raccontino divertente di Gabriel Garcia Marquez contenuto in Dodici racconti raminghi e dal titolo Brividi d’agosto, risalente all’ottobre del 1980. L’ho scelto come saluto prima della pausa d’agosto perché è un racconto breve, anzi brevissimo, assai leggero e godibile e perché fondamentalmente “senza senso” [cercherò più avanti di esplicitare il perché di tale affermazione].
Arrivammo ad Arezzo un po’ prima di mezzogiorno…era una domenica all’inizio di agosto, ardente e chiassosa…nelle vie accalcate di turisti…tornammo all’automobile, abbandonammo la città lungo un sentiero di cipressi senza indicazioni stradali, e una vecchia pastora di oche ci indicò con precisione dove si trovava il castello…
La storia, narrata in prima persona, racconta di una visita di una giornata al castello dello scrittore Miguel Otero Silva che, nei pressi di Arezzo, invita per pranzo l’amico con moglie e figli. Da principio gli ospiti incontrano grandi difficoltà nella ricerca di questo castello, ai più del tutto sconosciuto, e alla fine è solo grazie alle indicazioni di una popolana del luogo che riescono a trovarlo. Tuttavia, la pastora di oche oltre alle indicazioni dà loro un avvertimento: il castello è infestato dagli spiriti. I viaggiatori ne ridono di gusto, come è ovvio che sia, e lasciano cadere nel nulla il monito. Giunti al castello, Miguel Otero Silva li accoglie con gioia, offre loro un magnifico pranzo e li intrattiene con il racconto dettagliato della vita di Ludovico, l’antico proprietario del castello. Ne racconta la potenza, l’esperienza nelle arti e nella guerra, ma anche il folle e tragico amore per un’amante che, in un eccesso di pazzia, pugnalò nel letto d’amore, per poi darsi egli stesso la morte, sguinzagliando contro di sé i suoi stessi cani e lasciandosi sbranare vivo. Miguel narrava inoltre all’amico che tutte le sere, a mezzanotte, il fantasma di Ludovico si aggirava per il castello come anima inquieta alla ricerca di un impossibile riposo.
Il castello, in realtà, era immenso e cupo. Ma in pieno giorno, con lo stomaco pieno e il cuore allegro, il racconto di Miguel poteva solo sembrare uno scherzo come tanti altri dei suoi per divertire gli invitati.
Enorme, quasi cento stanze, molte delle quali vuote e scure e fredde, l’una identica alle altre, il castello viene mostrato agli ospiti incuriositi. La vera sorpresa, però, sta nell’ultimo piano, lì dove si trova la stanza che era stata di Ludovico e dove si era consumata la tragedia. L’enorme stanza pareva non esser stata mutata dal tempo. Il letto, le tende ricamate, le lenzuola ancora macchiate del sangue secco dell’amante sacrificata secoli prima. Nel camino un ciocco di legno carbonizzato diventato fossile, negli armadi le armi lucide dell’antico e potente padrone. Nell’aria un forte ed inspiegabile odore di fragole fresche.
Quello che doveva essere un semplice invito a pranzo presto si fa qualcosa in più, e nel tardo, lento, torrido pomeriggio di un principio d’agosto, si tramuta in invito per la notte. La moglie e i figli del protagonista, che hanno a lungo vagato per le stanze vuote e buie del castello alla ricerca del fantasma, accettano con entusiasmo l’invito. Al pianterreno vengono preparate le stanze per gli ospiti, che dormono di un sonno sereno e profondo. Il protagonista si sveglia solo al mattino successivo, con i raggi del sole che entrano dalla finestra, subito pensando alle assurde superstizioni della popolana che scortava le sue oche. Però, certo, a vedere bene, qualcosa proprio non tornava.
Solo allora mi fece rabbrividire l’odore di fragole fresche, e vidi il caminetto con le ceneri fredde e l’ultimo ciocco tramutato in pietra, e il ritratto del cavaliere triste che ci guardava da tre secoli addietro nella cornice d’oro. Perché non ci trovavamo nell’alcova al pianterreno dove ci eravamo addormentati la notte prima, ma nella camera di Ludovico, sotto il baldacchino e le tende polverose e le lenzuola fradicie di sangue ancora caldo del suo letto di maledizione.
Potenza del racconto e della scrittura che fa diventare vero ciò che è incredibile, e cioè non credibile. Senza senso, avevo detto, proprio come lo è l’estate, che ha qualcosa in comune con questo breve racconto…un andare a dormire, un mettersi in pausa che pare un mettersi al sicuro, anche se poi, al suo termine, ci si risveglia lì dove non si credeva e non ci si sarebbe mai aspettati di essere: su un letto con lenzuola imbrattate di dubbi, fra pareti tappezzate di antiche domande e su cui stanno appesi volti incorniciati che richiamano sempre e nuovamente a quelle fatiche e responsabilità che solo l’illusione dell’estate, come poche altre cose, è capace ci lavare via…e, infine, riconoscere fra quei volti anche il proprio e capire che la pausa è terminata…o che non è mai veramente iniziata.
…arrivederci a settembre…
STORIE SELVATICHE DI FIABE, MITI E TESTI SACRI CHE APRONO LE PORTE ALLA RICCHEZZA
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Che bel post, scritto magnificamente, Tommaso ti ho letto in un fiato, l’idea della vacanza ha messo i tuoi umori migliori nella penna.
A settembre, dunque, con l’augurio che la Musa non faccia troppo la sporcacciona e si faccia ritrovare puntuale a fine agosto.
Grazie. Mi sembra che ce lo siamo già detto che Marquez non è in cima alla lista. Tuttavia questo raccontino è grazioso ed onesto. Per settembre, speriamo bene. La musa s’ha da prenderla per come è…purtroppo comanda lei. A settembre, dunque.
🙂
Bella! E, naturalmente, intendo la tua recensione, dato che Marquez è, confesso, un autore meraviglioso, cui mi appassiono nell’iniziare a leggerlo, senza mai aver completato la lettura di un solo suo libro, non so perché. Ora so che proverò con questi racconti.
Stessa esperienza, forse peggiore. Non è autore che amo e che probabilmente mai amerò. Questo post, lo devo ammettere, è figlio di una non troppo entusiasmante giornata in balia dei parenti. In casa di mia madre c’era questa raccolta di racconti e così ho iniziato a leggere…e si sa, quando si inizia a leggere da cosa nasce cosa…
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