Lì dove è pieno di nomi propri, c'è un nome che di nessuno è proprio. Chi l'ha scelto? Chi lo subisce? E perché? Meschino.
Nella vita di ogni uomo prima o poi verrà il tempo di ristrutturare casa e di doverne seguire tanto i lavori, quanto coloro che questi lavori eseguono. Pare essere venuto anche il mio tempo. Così mi è toccato in sorte di conoscere Adrian. Adrian ha 46 anni e ha lasciato la Romania più di venti anni fa per venire qui in Italia a lavorare. È sposato e padre di quattro figlie, tutte femmine. È molto religioso. La fede è il perno della sua intera vita e nella sua bocca, lo conosco da due giorni, spesso e mai invano risuona il nome di Dio. Ieri, insieme, abbiamo fatto a pezzi la vecchia cucina che avevo ereditato dal precedente proprietario di casa. Per tutta una serie di motivi legati ai suoi e miei tempi, più o meno a l’una e mezza ci siamo ritrovati davanti al centro raccolta rifiuti della Laurentina con mezz’ora di anticipo rispetto all’orario di apertura. Avevamo mezz’ora di buco e faceva un caldo tremendo. Allora Adrian, con un filo di voce, mi ha proposto di mangiare insieme un panino e fare di quel momento di inattività una pausa pranzo. Ovviamente ho accettato. Eravamo seduti ad un tavolo a mangiare e a scambiarci innocue informazioni sulle rispettive vite. Poi, d’un tratto, non so come, il discorso ha totalmente cambiato registro e livello. Adrian ha spazzato tutto via, dicendo che solo la fede in Dio poteva permettere a lui, a me, a chiunque, di raggiungere serenità e giustizia qui in terra e salvezza dopo la morte. E così è iniziato il suo discorso, mentre io ascoltavo – non potevo fare altro – e addentavo il mio panino con pomodoro e mozzarella.
Tutto è perfetto, ripeteva Adrian. Il movimento degli astri e l’alternarsi delle stagioni, la pianta che fiorisce e dà i frutti, le ricchezze delle terra o che sono nel mare e, in generale, ovunque intorno a noi. Tutto è così evidentemente perfetto, che deve necessariamente esserci qualcuno che ha fatto quello che ci è intorno con uno scopo ben preciso. Se tu vedi una casa ben fatta, mi ripeteva, pensi che è spuntata così fuori dal nulla o piovuta così dal cielo? Certo che no. Qualcuno ha costruito quella casa. E allora come non potrebbe esserlo anche per tutto ciò che esiste, che è incomparabilmente più grandioso e splendido e perfetto e complesso di una misera casa? Dio esiste, è semplice, diceva Adrian, mentre io, dentro di me, mentre lo ascoltavo, pensavo a Kant ed alla critica alle prove cosmologiche dell’esistenza di Dio, al passaggio dal sensibile al sovrasensibile, dal fenomeno al noumeno, del malo modo di utilizzare le categorie dell’intelletto. Ma non era di quello che si trattava, né ciò di cui Adrian stava parlando…per questo ho fatto bene a tacere.
Mi guardava dritto negli occhi, mentre io faticavo sette camicie per reggerne la presa e l’estrema serietà. Parlava dell’egoismo, del male, della perversione. E mentre io avevo divorato i miei due panini e vuotato la mia aranciata gelata, lui aveva ormai smesso di mangiare. Parlava e mi fissava, cercando di prendere bene la presa sull’anima mia. Mi ha raccontato dei miracoli di cui è stato testimone, della moglie in fin di vita, quando ancora vivevano in Romania, e salvata dalle preghiere di alcune donne del suo paese. Mi ha raccontato della sua conversione e delle preghiere piene di spavento e speranza prima dell’improvvisa, anche qui miracolosa, guarigione di una delle sue quattro figlie femmine, nata con dei problemi che sembravano inguaribili.
Mi chiedeva se avessi mai letto la Bibbia e, nel caso non l’avessi ancora fatto, mi invitava a leggerla. Io pensavo, certo che l’ho fatto, ma non avevo coraggio per dirlo, perché sapevo che non era questa la questione, per lui. Mi invitava a farlo subito, perché non c’è tempo da perdere. Noi non siamo Dio, non abbiamo l’eternità a disposizione, ma solo un tempo assai limitato. Perché perdere tempo? Mi ha fatto tornare in mente il professore di religione del liceo, un Don di cui non farò nome e con cui spesso, molto spesso, mi trovavo a dibattere. Seriamente mi ripeteva una cosa e cioè che tutti i peccati discendono in qualche modo da uno, e cioè perdere il proprio tempo. Adrian mi diceva che quando aveva iniziato a leggere la Bibbia non capiva quasi nulla. I versetti si tenevano dentro il loro vero significato e in lui montavano solo rabbia e frustrazione. Poi, un giorno, un altro servo di Dio l’aveva aiutato. Semplicemente gli aveva consigliato di mettersi a pregare ogni volta che non capiva…e lui così aveva fatto e pregando quei versetti avevano iniziato a svelare il loro significato, riempiendolo di una gioia mai provata prima. Non comprendeva tutto, ma era giusto così. Dio non dà ad un uomo solo la capacità di comprendere tutto, perché non vuole che uomo solo si elevi sugli altri. Ogni servo di Dio capirà una parte dei testi e così tutti insieme, come comunità di pari, potranno egualmente partecipare della verità. Non so quante volte Adrian abbia pronunciato questa parola. Verità. Oggi si parla soprattutto di diritti, di libertà, mentre Adrian parlava di doveri, verità e giustizia, mentre la libertà, che ne è fondamento, avrebbe per lui un’unica funzione: libertà di scegliere se seguire o meno alla via tracciata da Dio per noi.
Lui parlava, io ascoltavo, a tratti intervenivo per completare lì dove non trovava la parola, ma non era della singola parola che si trattava, né del fatto che potevo anticipare ogni suo singolo argomento…in quel preciso contesto i ruoli erano veramente precisi: lui sapeva, io conoscevo. Le persone si voltavano, mentre lui parlava di Dio e del Regno dei cieli, ma a lui non interessava…perché dovremmo vergognarci di parlare della nostra salvezza? C’è forse qualcosa di più importante? Bisognerebbe vergognarsi di parlare di tutte le sciocchezze che ci circondano, di quello bisognerebbe vergognarsi, non certo di Dio e della nostra anima. Se ne parliamo è perché Dio ci sta invitando a riflettere su di Lui e sul nostro destino. Perché non dovremo rispondere a questo invito?
Seguire la Via, seguire la Legge. Non c’è altro da fare. Semplice. Mai comprato mobili? mi chiedeva Adrian retoricamente. Si montano seguendo le istruzioni. Io ristrutturo tua casa, mi diceva ancora, e se non faccio quello che mi dici tu e invece faccio come dico io, che succede? Io sorridevo. Il mobile montato senza seguire le istruzioni viene male, così come male faccio io, Adrian, il mio lavoro per te se non seguo tue istruzioni. Lo stesso vale per noi con la nostra vita e il nostro rapporto con Dio. Lui ci ha dato il suo manuale, la Bibbia, e lì tutto è scritto in modo semplice e chiaro. Non ci si può sbagliare. Dobbiamo attenerci a quello, perché qui, in questa vita, nulla è importante se non in vista di quello che viene dopo. Io cacciavo via tutte le cose che mi passavano per la testa, perché non era quella la questione. Era altro che Adrian cercava di dire.
Alla fine di questa vita Dio vede se abbiamo seguito la Parola e così ci giudica. Se abbiamo seguito la Parola, allora non entreremo nel Regno dei cieli come servi, ma come figli di Dio, in una vicinanza incredibile, come parte della sua famiglia. Perché rinunciare? Mi veniva in mente Pascal, ma non era quello che Adrian intendeva. Hai visto la tua casa? continuava a farmi esempi. Delle persone avevano progettato mobili, pareti, pavimenti, bagni, e adesso tutto è all’aria. Hai visto quanto è stato facile distruggere tutte quelle cose? diceva. Non è lo stesso con quanto è stato progettato da Dio, quello è eterno, perfetto, fatto una volta e per tutte. Perché rinunciare?
Lentamente aveva finito il suo pranzo. Da una pausa di 20 minuti per aspettare che aprisse la discarica a Laurentina, siamo rimasti lì più di un’ora. Prima di alzarci Adrian ha voluto dirmi un’ultima cosa: non aveva imparato quelle cose che mi aveva detto come fosse una lezioncina da ripetere a memoria, era stato Dio che gli aveva dato quelle parole, ma non per lui,bensì per me. Io credo, mi ha detto, che tu cerchi qualcosa e che non hai ancora risposta. Per questo Dio, che sa tutto, mi ha usato per consegnarti questa parola. Io ascoltavo e sorridevo ed annuivo. E del resto non avevo scelta. Dio è infinito e potente, aveva continuato, e si è abbassato fino a qua, fino a noi, fino a te, e a noi, a te, tocca solo una piccola azione, un piccolo sforzo: alzare lo sguardo, niente più. Ma questa è libera scelta, su questo nemmeno Dio può intervenire o far nulla. Adrien aveva finito i suoi panini e la sua bevanda, così ci siamo alzati.
Uscendo ho guardato su in alto. Il cielo era terso e piatto e intorno il rumore delle macchine era quello di sempre, il caldo quello insopportabile di questi giorni. Mi sono voltato verso Adrien anche se non avevo sinceramente nulla da dire in risposta al suo lungo monologo, ma lui – mi approprio del suo fraseggiare – pareva essere stato improvvisamente abbandonato dalla mano di Dio. La pausa era finita. Lui aveva detto quel che doveva dire, io ascoltato quel che dovevo ascoltare…la discarica era aperta da un po’ e avevano da svuotare un camioncino stracarico di cose soggette alla tirannia del tempo…
Il mondo nel quale siamo nati è brutale e crudele, e al tempo stesso di una divina bellezza. Dipende dal nostro temperamento credere che cosa prevalga: il significato, o l'assenza di significato. (Carl Gustav Jung)
Blog della Biblioteca di Filosofia, Università degli studi di Milano
Un piccolo giro nel mio mondo spelacchiato.
Un po' al di qua e un po' al di là del limite
Per un romanzo diffuso dell'Antropocene
La vita è l'unica opera d'arte che possediamo.
Recensioni, consigli di lettura e cose da lettori
“Faccio dire agli altri quello che non so dire bene io", Michel De Montaigne
Svolgimento esemplare, narrazione che ho seguito e apprezzato. Scrittura inappuntabile.
Grazie mille Guido!
Ehhhh… la fede, come semplifica la vita
Sembrerebbe di sì. Quello che avrei voluto dire, e che non gli ho detto, è che si ha sì una visione del mondo complessiva e forse consolatoria – eppure quel sistema di regole tanto semplici e chiare non mi pare così facile da seguire.
La fede.
Come tu qui dimostri, troppo spesso è soltanto l’anticamera del fanatismo.
Per parte mia, quando comincio a sentire questi discorsi (e li sento più spesso di quanto vorrei, e non soltanto su questioni strettamente religiose) il primo istinto è quello di fuggire a gambe levate: timeo Danaos et dona ferentes ).
La saggezza di Laocoonte è sempre di aiuto in questi casi. La fede è sempre in bilico Fra coerenza e fanatismo o, come oggi si usa dire, integralismo. È un discorso da capogiro. Chi parla dal campo della fede non percepisce se stesso come fanatico, ma come seguace della Via, che è unica e non ammette deviazioni. In piena coerenza ogni discorso di natura religiosa o teologica è inevitabilmente anche politico – investe il mondo e cerca di illuminarlo e mutarlo. Dall’esterno tale discorso risulta non vero, bensì dogmatico e totalizzante, violento. La contraddizione è irrisolvibile. È un fatto.
Adrien non conosce Kant e vuole dimostrare con il logos l’ esistenza di Dio. Adrien parla anche di doveri, parola così fuori moda ma piuttosto importante e parla anche perchè ha guardato negli occhi Tommaso e ha capito che lui cerca qualcosa che non ha ancora trovato. Adrien ha delle certezze che propone senza imporre. In quel dialogo si sono comunque incontrate due persone : è stato uno scambio tra esseri che sanno vedere e per capire gli altri ( Adrien) e per rappresentarli con umanità e mano felice ( Tommaso).
Grazie non solo per il commento così lusinghiero, ma anche per la capacità di dire tutto con così poche parole. Fra le molte cose pensare e non sette, la più importante è quella che tu hai esplicitato – l’idea dell’incontro dove il centro dell’incontro stesso non può essere individuato in uno dei due interlocutori, ma “fra” loro. Qualcuno parlerebbe di una ontologia dell’incontro…ma non è questo che stiamo parlando…
Mi è molto piaciuta la tua narrazione, il suo arco, la chiusura, che consente diverse letture, a ognuno la sua; e la tua capacità di ascoltarla e tradurla, appunto, in una storia, solo modo di darle una forma diversa da un insopportabile e violento proselitismo monoteistico. Compresa la frase prezzemolina, vale a dire buona per tutti e in ogni occasione – “io credo che tu cerchi qualcosa” -, che persino le chromanti da fiere usano se per qualche euro ti fai leggere la mano (per non dire della sua ricorrenza negli oroscopi).
Ma c’è la tua narrazione: e tutto prende un senso, diventa una storia. Interessante. Che porta pensiero.. Sigillata dalla sottile, benevola, ironia di chiusura (ma è la mia lettura, naturalmente, figlia dei miei presupposti).
Grazie. L’intento era effettivamente quello di far diventare un piccolo accadimento giocatosi in un normale pomeriggio nella periferia romana un qualcosa come una cronaca dotata di senso. Ma è anche importante, per me, che (sempre nei limiti del possibile) non traspaia nulla, o quasi, della mia posizione a riguardo. Perché non si tratta di quello che io penso (che è di scarsa importanza esplicitare, anche se determinante), ma di quanto è accaduto…e il senso di ciò che è raccontato è in buona parte a carico del lettore.
Perfetto. Come in ogni buona storia
Pingback: Di simboli religiosi e di ciò che sta scritto | Tommaso Aramaico