Lì dove è pieno di nomi propri, c'è un nome che di nessuno è proprio. Chi l'ha scelto? Chi lo subisce? E perché? Meschino.
– Adesso basta, ti prego…
– Come puoi chiedermi di smetterla? Come puoi chiedere questo a me, proprio a me…io voglio lasciarmi andare, fare quella cosa che può avere molti significati…fare quella cosa che si fa quando le cose vanno bene, fare quella cosa che si fa quando le cose vanno male, fare quella cosa che si fa anche quando non si sa perché la si fa…vorrei lasciarmi andare a quella cosa che può servire ad idratare gli occhi, anche se i miei occhi non hanno bisogno di esserlo…lasciarmi andare a quella cosa che serve a ripulirli, anche se i miei occhi non hanno bisogno di essere ripuliti, voglio lasciarmi andare a quella cosa che si fa perché il nostro corpo ha dei confini troppo rigidi e allora si ha il bisogno di drenare quel di più…e questo drenaggio avviene per mezzo degli occhi…
– Ma che stai dicendo? Perché parli a questo modo?
– Voglio solo lasciarmi andare anche a quell’altra cosa, quella che non fa dormire la notte, quella che fa incessantemente pensare ad una sola cosa, quella che riempie di energia e rende il corpo pieno come un uovo…voglio questo e lasciarmi andare a questa cosa che proprio adesso, per strafa, mi sta facendo colare il trucco lungo le guance, esponendomi agli sguardi ed alle parole di chi non comprende quello che mi sta accadendo e che per questo parla e parla, inutilmente e con parole vuote parla, perché altro non può, né sa fare…
– Un attimo…
– Puoi tu immaginare quante volte e con quanta insistenza ho rivolto il pensiero a cose che non sono nella realtà, ma solo nel mio pensiero? Puoi tu anche solo lontanamente immaginare quante volte ho soppesato lo stato delle cose per capire a che punto era questo processo…quanta distanza separava ancora che ciò che è in me, in potenza, dalla sua possibile realizzazione? Dal suo grandioso ingresso nel mondo?
– Ma che dici?
– Non capisci? È proprio questa insistenza, questa testardaggine del pensiero che mi permette di lasciarmi andare a quella cosa che ha molti significati…che può permettermi di farlo sempre, senza pause… farlo quando la stella madre del nostro sistema solare lavora nell’atmosfera, farlo sotto l’unico satellite naturale del nostro pianeta e, ancora, farlo sotto quei minuti e numerosi corpi celesti che brillano di luce propria…
– Ma perché parli a questo modo? Perché tanti giri di parole, perché non dici…
– No, zitto, non si possono più usare quelle parole, non posso usarle io per dire quello che mi agita e mi spossa e mi dona tanta energia…ascolta, piuttosto…vorrei descrivere ampi giri su me stessa, mantenendo sempre la stessa posizione, e vorrei allargare le braccia fino a sembrare un cavatappi…e così facendo, testarda e rigorosa, lasciare che la stella madre del nostro sistema solare compia il suo tragitto, lasciare lo spazio dell’atmosfera orfano di luce all’unico satellite naturale del nostro sistema solare e poi ai puntiformi corpi celesti…ed io ancora lì, testarda come un asino, a descrivere quel che mi agita con i miei ampi giri, più rigorosa di tutti i corpi celesti…e questo solo per te…
– Io non ti sposerò!
– E allora io continuerò a lasciarmi andare a questo piccolo fenomeno fatto di un materiale viscoso che porta via il trucco dai miei occhi, rigando le mie guance smagrite, continuerò ad essere attraversata da queste scosse, a pensare con costanza questo pensiero, anzi, di più, diventerò questo pensiero, pensiero di pensiero…e non la smetterò di descrivere ampi giri su me stessa, ben salda, l’unico essere fermo su se stesso, testardo, in mezzo a tutto il movimento che si dà nella nostra atmosfera e sul nostro pianeta…prenderò la forma d’un cavatappi, rivolgerò all’atmosfera le mie impronte digitali e le pliche cutanee e poi la faccia con i suoi punti metrici, sia pari che dispari, e i suoi diametri ed indici… e lo farò fino a che tu non risponderai affermativamente al patto che io da tempo ti propongo e in cui ognuno di noi dovrà mettere la sua parte…lo sai già, io metterò sul piatto poco o nulla, mentre tu dovrai mettere tutto il resto e cioè la possibilità stessa, per me, di continuare a vivere…perché tu sai bene, già te l’ho spiegato come funziona…chi descrive ampi giri su se stesso e prende la forma del cavatappi non ha altro da offrire che questo suo stesso tracciare e descrivere ampi giri senza muoversi di un millimetro…allora, che dici? hai tempo? io si, ne ho…
STORIE SELVATICHE DI FIABE, MITI E TESTI SACRI CHE APRONO LE PORTE ALLA RICCHEZZA
Il mondo nel quale siamo nati è brutale e crudele, e al tempo stesso di una divina bellezza. Dipende dal nostro temperamento credere che cosa prevalga: il significato, o l'assenza di significato. (Carl Gustav Jung)
Blog della Biblioteca di Filosofia, Università degli studi di Milano
Un piccolo giro nel mio mondo spelacchiato.
Un po' al di qua e un po' al di là del limite
Per un romanzo diffuso dell'Antropocene
La vita è l'unica opera d'arte che possediamo.
Recensioni, consigli di lettura e cose da lettori
Non so, mi sa che non ho capito. È solo un addio? È un figlio in arrivo? È solo una donna che impazzisce per sopravvivere (“quando a un acuto dolore segue la più acuta fantasia” Fossati)?
Però se fossi l’uomo scapperei a gambe levate…
In questo caso preferirei non “dare spiegazioni”, nel senso che non voglio “intervenire” sul testo…lasciarlo stare…anche nella sua oscurità…
p.s. saggiamente l’uomo scapperebbe, se solo potesse….
Anch’io mi sono posto delle domande. Sembrerebbe appunto il controbattere di una donna…
Come sopra…me la sono cercata…nel senso che avevo una cosa in testa e adesso me la tengo, nel bene e nel male…grazie, in ogni caso, per lo sforzo ermeneutico “a perdere”…vale anche per Td’U cui ho risposto pochi minuti fa e che, come te, ha posto delle domande (cui non oso rispondere) invece di lasciar perdere questo post magmatico e andare da qualche altra parte a leggere qualcosa di più interessante, chiaro, ben scritto.
Come sempre, fammi pensare. Sicuramente, un testo che interroga. Non tanto sul senso, quello ci sta tutto, tutte le cose che lei (non) dice (se non) con la voce delle lacrime. Ma l’immagine del cavatappi credo sia di lui, che legge e traduce il pensiero-lacrime di lei, e si sente forzato. E’ proprio del cavatappi tirar fuori qualcosa che si vuole da un contenitore chiuso, ermetico.
Utile? Parlare? Certo no, certo sì, si parla, comunque, non solo con parole. Ci si scontra per incontrarsi, si fugge, forse, si torna.
Ora ci penso..
Dunque: mi piace.
Ciao
Grazie per la bella lettura. Veramente.
Grazie a te. E’ bello il tuo pezzo, dato che ci sto ancora pensando.