Tommaso Aramaico

Lì dove è pieno di nomi propri, c'è un nome che di nessuno è proprio. Chi l'ha scelto? Chi lo subisce? E perché? Meschino.

Amos Oz, Giuda

Chi è pronto al cambiamento, disse Shemuel, chi ha il coraggio di cambiare, viene sempre considerato un traditore da coloro che non sono capaci di nessun cambiamento, e hanno una paura da morire del cambiamento e non lo capiscono e hanno disgusto di ogni cambiamento.

Questa lettura ne segue idealmente un’altra, dove la figura di Giuda e il tentativo di giungere ad una comprensione non banale di cosa sia tradimento hanno un ruolo centrale, La gloria di Giuseppe Berto (qui). Diversissimo da quello, però, è questo romanzo del celebre scrittore israeliano. Mentre Berto ci faceva entrare direttamente nella mente e nello spirito dello stesso Giuda facendoci vedere attraverso i suoi occhi la vicenda di Gesù per come si era (a suo avviso) realmente svolta, qui la trama è totalmente diversa – almeno in apparenza. È lo stesso autore ad offrire al lettore la prospettiva da cui leggere la storia.

Questa è una storia che si svolge nell’inverno tra la fine del 1959 e l’inizio del 1960. Questa storia comprende un errore e della passione, un amore deluso e una questione di ordine religioso che qui rimane irrisolta. Non pochi edifici portavano ancora ben riconoscibili i segni della guerra che dieci anni prima aveva diviso la città.

giuda-di-amos-oz

All’inizio del dicembre del 1959 il giovane Shemuel Asch interrompe gli studi universitari e decide di lasciare Gerusalemme dopo le disavventure finanziarie del padre (che non può più aiutarlo nel mantenergli gli studi) e dopo che l’ex ragazza l’ha lasciato per sposarsi con un altro uomo. Shemuel è sul punto di abbandonare la città per andarsi a rifugiare in un nuovo insediamento in costruzione nel deserto, nella regione montuosa di Ramon. Ma per puro caso gli capita di imbattersi in un annuncio che offre alloggio e un piccolo stipendio a studente di scienze umane in cambio di “cinque ore serali di compagnia a settantenne invalido, colto ed eclettico“. Così il giovane Shemuel si ritrova a passare l’inverno in una grande casa ai confini di Gerusalemme, lì dove abitano il vecchio e colto Gershom Walt e la giovane Atalia Abravanel. Di qui e attraverso le relazioni che legano il vecchio e la donna e il giovane Shemuel a queste due controverse figure, il lettore viene accompagnato attraverso molteplici problematiche, tanto di natura religiosa, che storico-politica: Gesù per come è visto dagli ebrei, il ruolo di Giuda, il rapporto fra ebrei e cristiani, quello fra ebrei e arabi, la guerra per la creazione di uno Stato israeliano, il senso di colpa nei confronti di un’intera generazione di giovani ebrei mandati al macello per realizzare un’idea (o tradirla), lo stesso dubbio per tutti gli arabi rimasti uccisi. Le inquietudini di questo giovane, la perdita di radici, l’ateismo, il socialismo, il tentativo di rinvenire il fondo del messaggio di Gesù. Amos Oz affronta delle tematiche tanto complesse che inevitabilmente il romanzo si dovrà chiudere senza offrire delle risposte, ma, piuttosto, avanzando nuove domande e mettendo il giovane protagonista di fronte all’obbligo di fare una scelta. E come sarebbe possibile, del resto, offrire una risposta a domande di questo genere? Non solo quelle di ordine religioso, anche quelle di ordine storico-politico non potranno che rimandare alla storia e alla politica nel loro darsi nel tempo.

Una cosa, però, risulta chiara e cioè che il tradimento non è solo ed unicamente negazione di qualcosa. Nel tradimento negare qualcosa significa sempre e comunque affermare dell’altro; il tradimento di qualcosa o qualcuno può essere, in determinati casi, l’unico modo per sostenerne le ragioni più profonde e così portare a compimento quel che è solo apparentemente negato. È in questa prospettiva che la vicenda di Giuda può essere derubricata a semplice tradimento solo passando per uno sguardo superficiale, mentre, a ben vedere, la sua condotta (di Giuda) si presenta come atto di estrema fedeltà di un apostolo che ha il coraggio di organizzare fino al minimo dettaglio il sacrificio del suo amato maestro; atto che porta a compimento l’insegnamento del maestro per mezzo di una negazione (la morte) del maestro stesso, che difatti non muore veramente e che proprio per mezzo di questa morte nel corpo potrà liberare tutta la potenza (spirituale) di un messaggio che si diffonderà per tutto il mondo, travalicando i confini della terra e del popolo di Israele. E anche qui con l’idea (a sua volta generatrice di conflitti, negazioni, tradimenti, guerre) che il giudaismo doveva essere tradito per essere effettivamente realizzato, e che la predicazione di Gesù realizzava ciò che era scritto nell’Antico Testamento. Giuda è l’unico che non rinnega Gesù, l’unico che muore insieme al suo maestro, ma non come colui che tardivamente percepisce l’errore, l’orrore, la colpa, ma come colui che per amore non riesce a sopravvivere all’amato. Dunque: chi tradisce, chi è tradito, chi, in fondo, non è a suo modo traditore, se si intende questo concetto nella sua doppia valenza? È il conflitto a fare da motore alla storia (sia quella del singolo, che quella dei popoli). In questa ottica tutti sono traditori. Lo è Shemuel Asch, che abbandonando gli studi tradisce le aspettative dei genitori, della sorella, dei suoi professori universitari; lo è Giuda, ma anche tutti quelli che a lui pensano solo come al traditore per eccellenza senza vedere tutta la portata delle sue azioni; lo sono i popoli che tradiscono le proprie ispirazioni; grandi leader politici e spirituali prima osannati e poi definiti traditori, sorte toccata a De Gaulle, al profeta Geremia, a Spinoza (il grande filosofo d’origine ebraica), ad Abramo Lincoln, agli attentatori di Hitler, a Herzl e persino a David Ben Gurion. Tutto questo per dire che l’appellativo di traditore può abbattersi – e spesso è proprio questo ad accadere – su uomini che, in fondo, non sono altro che innovatori o visionari, uomini che hanno la capacità di guardare più lontano rispetto ai loro contemporanei, uomini che precorrono i tempi o che sono stati in grado di rileggere in modo nuovo il passato e, per conseguenza, capaci di vedere attraverso le fitte nebbie del futuro.

Un’ultima, brevissima osservazione. Il Giuda di Amos Oz ha venduto milioni di copie ed è stato tradotto in molte lingue. Non so quante ne abbia vendute La gloria di Giuseppe Berto, né in quante lingue sia stato tradotto, negli anni. Magari ne ha vendute milioni e milioni anche lui ed io, per ignoranza, non ne sono a conoscenza. Fosse così me ne rallegrerei. È sempre un’operazione poco onesta quella che porta a fare paragoni fra i libri, ma insomma…forse Berto dovrebbe vendere qualche copia in più (a meno che non ne abbia già vendute in gran quantità, e in questo caso sarebbe stato meglio, per me, non aver scritto queste ultime righe) e meriterebbe anche qualche traduzione più (sempre che non ve ne siano già in abbondanza, in tal caso – come sopra). Ma si sa, l’italiano è da tempo un dialetto parlato da un’esigua minoranza, mentre nel mercato (anche quello della letteratura) dominano ben altri numeri e lingue, lingue (Lingua) che risuonano con prepotenza e che dettano legge e che alle volte (in realtà molto più spesso di quanto mi piaccia ammettere) stordiscono e disorientano e offuscano la capacità di giudizio anche (e soprattutto) del sottoscritto.

2 commenti su “Amos Oz, Giuda

  1. Guido Sperandio
    settembre 12, 2015

    Questo non è un post facile. Perchè, sebbene non abbia letto il libro, mi sembra che Amos Oz metta molta carne al fuoco.
    Di Amos Oz lessi a suo tempo “Una storia d’amore e di tenebra” e mi piacque. Ritengo che fosse un libro più facile di questo, era in sostanza una specie di autobiografia. Quindi la narrazione prevaleva su altri risvolti. Ma qui – ho l’impressione – la narrazione è una via per arrivare di fatto a delle tesi. Anzi, a una tesi. E qui mi blocco, la corona di stelline che girano vorticosamente intorno alla mia testa come il gatto Silvestro.
    Già la vita di Gesù nasce da testimonianze spesso tra loro discordanti degli scritti degli Apostoli, e non si sa mai quanto attribuire al mito o alla reale Storia. Ma arrivare poi a ricostruire i moti intimi di una psicologia e di un’anima e attribuire loro dei significati non può che essere opera molto rischiosa. In questo caso, ammetto, stimolante a fini però speculativi. Se intesa a portare a riflettere su tutta una casistica in generale di traditi e traditori, se giudicarli tali, o invece uscire dall’accettazione supina di giudizi consolidati. Resta però una provocazione, un esercizio, un invito ad approfondire in generale. Qualcosa di molto teorico, spunto da tavola rotonda. Ad alta opinabilità, dove tutti possono condividere tutto – o questo o quello spunto – o niente.

    Circa la tua ultima, brevissima osservazione, la condivido pienamente e come mai mi è capitato di condividere tanto totalmente.
    All’handicap della nostra lingua aggiungerei conseguenti due elementi determinanti: l’efficienza e organizzazione di un mercato non solo librario ma anche finanziario e tecnologico (asse USA – LOndra) con valenza planetaria (da Los Angeles a Taiwan) dove il cosmopolitismo tradizionale ebraico (filiera completa: editori-agenti-operatori culturali-produttori artistici) è eccezionalmente concreto e attivo. Alla pari dei cinesi – mi viene da dire – per quanto concerne magliette e articoli di minimo e facile artigianato.

    A presto!

    • tommasoaramaico
      settembre 12, 2015

      Giusto. Una sorta di romanzo a tesi sui generis in cui c’è molta (forse troppa) carne al fuoco. Per quanto concerne il “ricostruire i moti intimi…”, non ho nulla contro un’operazione del genere: uno scrittore può più o meno fare quello che vuole, ma ad una condizione:deve farlo bene. E qui sta il senso di quella conclusione su Berto e il suo “La Gloria”. Berto tutte queste cose le aveva fatte, secondo me, in modo magistrale. Perché in molti (me compreso) hanno letto Oz (che è bene leggere), mentre in pochi (per fortuna sono per merito del caso fra questi) hanno letto La Gloria di Berto? L’hai esplicitato tu meglio di quanto non abbia fatto io. Ovviamente, grazie per il commento così puntuale.

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Questa voce è stata pubblicata il settembre 12, 2015 da con tag , , , , , .

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