Lì dove è pieno di nomi propri, c'è un nome che di nessuno è proprio. Chi l'ha scelto? Chi lo subisce? E perché? Meschino.
Ti abbiamo mandato al settimo cielo, ti abbiamo riportato coi piedi per terra ed eccoti qui, preciso identico a com’eri prima del test, a livello emotivo. È formidabile, una bomba. Abbiamo svelato un segreto eterno e misterioso. Che svolta epocale. Mettiamo che uno non sa amare, no? Problema risolto. Provvediamo noi. Mettiamo che uno ama troppo, no? O ama una persona che un familiare o chi per lui reputa inadatta…Gli diamo una bella regolata, a questo amore. Mettiamo che uno è triste, perché ama davvero. Entriamo in azione noi, o un familiare o chi per lui, e addio tristezza. Non saremo più navi alla deriva, a livello di controllabilità emotiva. Mai più. Se vediamo una nave alla deriva, saliamo a bordo e montiamo il timone.
È sempre difficile parlare di un libro di racconti, e lo è ancor di più se si vuole parlare di un autore di cui si è già scritto. Il rischio di ripetersi senza aggiungere nulla di nuovo è decisamente elevato. Questo rischio (e la relativa certezza di sprofondare in un copia-incolla da se stessi) è particolarmente elevato in questo caso e con un autore come George Saunders, scrittore incredibilmente originale, capace creare una voce (o stile) decisamente personale, perfettamente riconoscibile e, dunque, impossibile da replicare. Dieci dicembre, però, è una raccolta decisamente riuscita. Non che Pastoralia (qui) o Il declino delle guerre civili americane (qui) o Il megafono spento non lo siano, al contrario; ma questo libro, da molti giustamente salutato come il risultato di una maturità ormai raggiunta, spicca per la sua bellezza tutta particolare. Molti hanno scritto che questa bellezza deriva dal fatto che questa opera, pur mantenendo la sua vena surreale e grottesca, è quella in cui maggiormente spiccano tratti di realismo. Non credo che la motivazione sia questa. Penso, invece, che questi racconti siano superiori al resto della produzione di Saunders, perché qui l’equilibrio fra immaginazione e intelletto è stato pienamente raggiunto, perché qui all’esigenza di svincolarsi dalle maglie del realismo e del linguaggio frusto di ogni giorno (così come da quello imperante nei mezzi di comunicazione di massa) si sia pienamente accordata (ecco che inizia il copia-incolla da me stesso) alla potente spinta morale che emerge dalla prosa di Saunders.
Anzi, il profondo sentire dell’autore a tale proposito lo obbliga ad un rigido controllo della prosa (che è tutto tranne che parole in libertà), ad un autocontrollo che è severo divieto di usare determinate parole, far cenno a determinati sentimenti (pur parlandone) oppure nominarli solo ed unicamente in contesti che non permettano di confondere il suo (di Saunders) discorso con quelli correnti, lì dove quelle parole, quei sentimenti, quelle condizioni esistenziali perdono ogni valore, fino ad esser ridotti a mera chiacchiera. Si, in questa opera si legge di improbabili studi sulle emozioni per la creazione di farmaci per eliminare il dolore; di un uomo che pianta croci nel giardino di casa; di donne usate come decorazioni per giardini e molto altro ancora…ma tutto questo è solo pretesto, una forma di pudore per chi vuole in realtà parlare della solitudine, della inestirpabile esigenza di amare/essere amati, della violenza con cui i messaggi dominanti (improntati sull’individualismo, il benessere a spese degli altri, l’ambizione) si abbattono sui più deboli per renderli sempre più deboli;per parlare di quegli uomini deboli d’una debolezza che si nutre di se stessa, dato che lo stesso essere deboli viene ad essere a sua volta una forma – forse la peggiore – di debolezza. Cane che si morde la coda, che più si affanna per cambiare/migliorare la propria situazione più la compromette, troppo abituato a vedere il problema in sé e non in un contesto più ampio.
Tutte cazzate. Pensieri negativi. Bisognava aprirsi ad una rinascita. Lo sapevano tutti. Volersi più bene. Un pensiero positivo? Il negozio: pensare a come migliorarlo, renderlo un po’ più presentabile, resuscitarlo…Ci voleva gioia. La gioia dava energia…
Nell’affresco che è Dieci dicembre le vite dei semplici stentano all’ombra di quelle dei ricchi, dei vincenti. Ci sono vite irrimediabilmente esposte al fallimento, inevitabilmente prese in un sogno di riscatto, inebriate all’idea di poter prender parte, perché no, al ballo, diventare ricchi, interessanti, far parte di qualcosa…solo che tutti, in modi diversi, sono votati allo scacco, tutti, in qualche modo, reindirizzati dagli eventi, chiamati non ad arrendersi su tutti i fronti, ma chiamati (loro che ne sono fuori e ne subiscono il fascino, ma senza esserne dipendenti) a sfatare il mito dell’equazione opulenza=felicità, per poter incamminarsi sullo stretto sentiero che invita ad uscire da sé e sganciarsi dalle piccole miserie ed ambizioni che ci incatenano, per poter finalmente sperare di non essere irrimediabilmente soli. Proprio come Ted, che compromette la sua (grottesca) carriera mettendosi contro il suo datore di lavoro per difendere una collega.
A che vale la vita, se l’uomo non persegue rettitudine e non impone giustizia, giacché Dio gli ha concesso il potere di farlo? Era cosa buona, che un demonio si aggirasse indisturbato? E i deboli, dovevano in eterno peregrinare indifesi per il dilettoso orbe? Tali cogitazioni destarono nel mio essere un sentimento onesto e virile e dunque, poiché la segretezza non addicesi a un gentiluomo, marciai fino al centro della sala e proferii, davanti ai numerosi ospiti lì riuniti, una giusta e sincera dichiarazione, tonante e imperiosa…
stay calm within the chaos
Un piccolo giro nel mio mondo spelacchiato.
Un po' al di qua e un po' al di là del limite
Per un romanzo diffuso dell'Antropocene
La vita è l'unica opera d'arte che possediamo.
Recensioni, consigli di lettura e cose da lettori
“Faccio dire agli altri quello che non so dire bene io", Michel De Montaigne
«La filosofia sembra che si occupi solo della verità, ma forse dice solo fantasie, e la letteratura sembra che si occupi solo di fantasie, ma forse dice la verità.» (Antonio Tabucchi)
A parte i valori letterari da te evidenziati, trovo interessante questa scelta, questo titolo. Perchè mi conferma una sensazione: un’esigenza latente – almeno in questa parte di globo, chiamiamola Occidentale – di moralità. Dico moralità, conscio di tutte le imprecisioni che si posso cogliere in una sintesi, ma la brevità di spazio impone il rischio.
Non so se questa esigenza che mi pare di sentire nell’aria sia soltanto una mia impressione…
No, la penso esattamente come te. Dopo un ventennio di edonismo sfrenato (anche in letteratura) serpeggia, più o meno velata, un’esigenza di regole, di ordine, di moderazione. Qualcosa come una moralità da intendersi in modo estremamente ampio.