Lì dove è pieno di nomi propri, c'è un nome che di nessuno è proprio. Chi l'ha scelto? Chi lo subisce? E perché? Meschino.
Il signor Trout aveva una bottega in North Mail Street. Sulla porta c’era un filo che faceva suonare una campanella ogni volta che entrava qualcuno. La gente di colore rimaneva sulla porta e lo aspettava. I bianchi prendevano da soli ciò che volevano. All’interno c’era una sola luce, una lampadina nuda che pendeva da un cavo nel retro.
14 giugno 2014, Dallas. Una donna chiama il 911 perché il figlio, Jason Harrison, uomo di colore di 38 anni affetto da gravi disturbi psichici con diagnosi di bipolarismo e schizofrenia, aveva iniziato a comportarsi in modo preoccupante. Due poliziotti si presentano alla porta. La donna apre e, dietro di lei, Jason stringe in mano un cacciavite. Pochi secondi e i due poliziotti, senza che l’uomo si sia mosso dal suo posto, esplodono sei colpi, uccidendolo. 2 aprile 2015, Tulsa, Oklahoma. Eric Harris, 44 anni, nero e sospettato d’aver venduto armi, è steso a terra, disarmato, intorno e sopra di lui degli agenti. Robert Bates, poliziotto bianco di 73 anni, prende il taser, ma pochi istanti dopo quello che si sente non è una scossa elettrica, bensì un colpo di pistola. Un’ora dopo, in ospedale, subito prima di morire, Harris dirà che gli hanno sparato, che gli manca il respiro, e un poliziotto gli risponderà: “Fanculo il tuo respiro!”. 4 aprile 2014, North Charleston, South Carolina. Walter L. Scott, 50 anni, nero, sta correndo per un parco, in fuga, disarmato, dando le spalle a Micheal T. Slager, agente bianco di 33 anni, che gli spara otto colpi alla schiena. Si potrebbe andare avanti riempiendo pagine e pagine, ma sarà sufficiente fermarsi all’ultimo caso eclatante, quello che ha dato (dopo Ferguson) inizio alle grandi proteste di Baltimora. 14 aprile 2015. Sei poliziotti di Baltimora caricavano il 25enne nero Freddie Grey su di una camionetta. Il 19 aprile quel ragazzo muore in seguito a gravissime lesioni alla spina dorsale.
Si potrebbe andare avanti a lungo, si è detto, ma non si aggiungerebbe nulla se si vuole tentare di comprendere la condizione dei neri in America; se si vogliono comprendere, almeno in parte, le ragioni delle violente proteste della comunità afroamericana contro la polizia e i suoi metodi. Quella in atto pare una vera e propria prova di forza per spostare, da parte dei neri d’America, la linea di confine fra ciò che è tollerabile e ciò che non lo è e, dall’altro, la volontà di mantenere ferma quella linea a partire dall’incredibile convinzione, da parte della polizia, di interpretare le giuste e legittime ragioni della comunità dei bianchi. Perché questo pare essere il cuore dell’intero problema: dove affonda e trova terreno fertile l’intima convinzione, spesso non ammessa, di poter disporre con tanta facilità della vita di un “negro”? Qui si parla di libri e, quindi, è attraverso un libro che si può prendere spunto per comprendere qualcosa di questo sentimento comune, strisciante, che sta a fondamento d’una (cattiva) coscienza collettiva.
Paris Trout è un commerciante molto noto e rispettato nella sua comunità, Cotton Point. Vende un po’ di tutto, concede prestiti, ha moglie e va spesso a trovare all’ospedale la sua vecchia madre malata. È noto per la sua riservatezza e precisione. Insomma, un cittadino normale. Solo che ad un certo punto, per una banale questione di soldi, uccide a colpi di pistola l’innocente Rosie Sayers, una bambina di colore di appena quattordici anni colpevole solo di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato. È a partire da questo omicidio insensato che un’intera comunità viene costretta a misurarsi con il razzismo strisciante, con un odio cieco a mala pena capace di pietà nei confronti d’una bambina la cui vita era stata stroncata nel fiore degli anni. Per Paris Trout inizia il processo e con questo entrano in scena tutta una serie di personaggi che hanno il dovere di incarnare la giustizia e le sue esigenze più alte, ma che, al tempo stesso, piegano lo spirito della legge e la lettera del suo codice terreno ad un’altra legge, non scritta, che coincide con lo spirito della comunità, con la sua volontà di difendere e tutelare Paris Trout, di trovare delle attenuanti al suo gesto per metterlo al riparo dall’imbarazzante sensazione che sia un mostro, un pazzo, e che la sua mostruosità e pazzia possano mettere a nudo, in qualche modo, la ferocia e la mostruosità che attraversano la comunità di Cotton Point nella sua interezza.
La ragazza arrossì di tanta attenzione e alzò la voce. – Dovrebbero farlo governatore della Georgia, – disse.
– Chi?
Il suo dito tornò all’articolo. – Questo qui sul giornale. Mio papà dice che se volesse diventare governatore avrebbe tutti i voti della contea di Ether.
A parlare è una ragazzina che fa la cameriera in un caffè, una brava ragazza di buona famiglia portatrice di una visione del mondo e dei rapporti fra gli uomini da cui è difficile districarsi. La cliente che ascolta sconvolta per quella che pare essere una scoperta sconvolgente e che invece è un’ovvietà è Hanna Trout, moglie di Paris, una delle poche figure che avrà, scontandolo, il coraggio di opporsi a tutto questo. Ciò di cui si parla è, ovviamente, l’omicidio di Rosie.
Trout incarna il desiderio oscuro di un’intera popolazione, è colui che ha avuto il coraggio di seguire e mostrare con fierezza il fondo oscuro del suo cuore. Trout, portando in superficie questo senso comune e dandogli corpo attraverso l’omicidio, ha liberato un’intera comunità dal peso della castrazione un desiderio collettivo rimasto troppo a lungo frustrato, represso; così come ha alleggerito il peso, il senso di colpa di quelli che, a causa di tale desiderio, sentivano in loro stessi qualcosa di semplicemente mostruoso, qualcosa che forse non andava, ma che era più reale e potente di qualsiasi altra idea sui rapporti tra uomini. Trout assolve tutto e tutti. La sua posizione è facilmente riassumibile per mezzo delle sue stesse parole: “Non mi vergogno“.
Trout è una figura perturbante, la sua sola presenza mette in tensione chiunque lo avvicini. Ne è scosso Seagraves, il suo avvocato difensore, rappresentante della ricca borghesia del paese, così come sono in difficoltà tutti gli altri, il procuratore Townes, i membri della giuria durante il processo. Mentre, altri ancora, al contrario, subiscono il fascino quasi ipnotico dell’idea che Trout incarna. Come Norland, il capo della polizia, che piega ciò che è determinato dalla legge scritta alle istanze di quella non-scritta, che vuole la supremazia dei bianci sui neri; oppure l’ex agente Buster Devonne, complice con Trout nell’omicidio di Rosie. Questo, appunto, il senso di Trout, il fattore perturbante di cui è portatore e che coinvolge l’intera comunità: “Il carattere di ciò che è perturbante allude però a qualcosa di antico e familiare che ha subito una rimozione” scrive Freud in Psicologia delle masse e analisi dell’Io. Trout inquieta, respinge, eppure ha, al tempo stesso, un incredibile potere magnetico, è il nord cui puntano, come tante bussole, i pensieri di tutti, compresa Hanna, la donna che ha sposato Trout e che tanto dice di odiarlo. Trout è il terreno antico in cui tutti hanno messo radici, è l’idea dello schiavismo e dello sfruttamento che sta a fondamento d’una nazione e della sua fortuna e forza e ricchezza. E non è un caso che questo antico è richiamato nelle incredibili sequenze finali in cui tutta la cittadina, per diversi giorni, è in festa per i 150 anni di Cotton Point…festa che Trout, con un grande colpo di scena, rovinerà, facendo calare sui festeggiamenti l’ombra di una violenza che tutto pervade.
Via via che si andrà avanti, Trout mostrerà tutta la riserva di follia, di senso di onnipotenza che lo caratterizzano, ma, inevitabilmente, mostrerà il rovescio che necessariamente si accompagna a questo senso di potenza, e cioè tutta la paura e il terrore di Trout. Sale in superficie l’incapacità di fidarsi dell’altro caratteristica di chi vive nel timore, di chi paura che gli venga tolto tutto, di chi ha vissuto e si è arricchito con frodi fiscali. Dietro all’intollerante si nasconde il pessimo cittadino, così mostrando tutto il negativo che si annida nel tanto decantato individualismo americano che, privo delle sue originarie fondamenta religiose che affiancavano intraprendenza individuale e moralità/pietà comunitaria, mostra tutta la sua portata distruttiva, disgregante e, infine, sociopatica.
Insomma, per ritornare all’attualità, sarebbe azzardato dire che oggi, un agente, sia un sicario inconsapevole della sua missione di sangue e che abbia alle spalle la comunità tutta, anch’essa inconsapevole, come grande mandante, ma è pur vero che qualcosa muove questi uomini ed alimenta questo oscuro desiderio, questo cuore oscuro che batte imperterrito al fondo di una società vive di queste contraddizioni. Non solo Paris Trout, ma tutta la comunità di Cotton Point così magistralmente tratteggiata da Dexter possono dare l’idea di quanto grande e complessa – e perlopiù oscura – sia tutta questa storia.
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Un piccolo giro nel mio mondo spelacchiato.
Un po' al di qua e un po' al di là del limite
Per un romanzo diffuso dell'Antropocene
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Recensioni, consigli di lettura e cose da lettori
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