Tommaso Aramaico

Lì dove è pieno di nomi propri, c'è un nome che di nessuno è proprio. Chi l'ha scelto? Chi lo subisce? E perché? Meschino.

Cheever, Il nuotatore

Neddy Merrill era disteso vicino all’acqua verdognola, una mano immersa nell’acqua e l’altra stretta intorno a un bicchiere di gin. Era un uomo snello, con quella particolare snellezza della gioventù, e pur essendo tutt’altro che giovane, quel mattino era scivolato giù dalla ringhiera di casa sua, dando poi una pacca sul sedere della statua di bronzo di Afrodite sul tavolino nell’atrio mentre trotterellava verso l’odore del caffè in sala da pranzo. Merrill poteva essere paragonato a una giornata d’estate […] Abitava a Bullet Park, una quindicina di chilometri a sud, dove le sue quattro splendide figlie dovevano aver terminato di pranzare e stavano forse giocando a tennis. In quel momento gli venne l’idea che, seguendo un percorso ad angolo in direzione sud ovest, sarebbe potuto arrivare a casa sua a nuoto.

Così come scrive Fernanda Pivano, si deve a John Cheever la rinascita del racconto in America. E questa raccolta di tre racconti è un vero e proprio (as-)saggio della bravura di questo autore. Il nuotatore, Un giorno qualsiasi, Una radio straordinaria, pur raccontando storie diverse, presentano in realtà una grande compattezza stilistica e contenutistica, oltre che “morale”. Cheever scriveva per/contro la media borghesia americana degli anni Cinquanta, ne tratteggiava le caratteristiche fondamentali, le idiosincrasie, il tentativo disperato di conformarsi all’ideale imperante, fatto di sicurezza economica, di un certo grado di ambizione, di rispettabilità. Ma la vera importanza di questi racconti sta nella capacità di mostrare il riflesso di queste vite, di attraversarle raccogliendole entro una luce che le taglia di traverso, da una prospettiva atipica.

phpThumb_generated_thumbnailjpg

È interessante notare che anche qui, così come nel romanzo Cronache della famiglia Wapshot, Cheever non dimentichi mai – pur concentrandosi su temi fondamentalmente familiari – di collocare l’uomo e le sue vicende entro un orizzonte più generale, quello della Natura. In tutti i racconti la scena viene investita e battuta da un temporale o dall’arrivo di nuvoloni minacciosi. Cheever istituisce un legame indissolubile fra uomo e Natura. E dato che è sempre sulla “famiglia” che si incentra la sua attenzione, allora, per forza di cose, l’altro grande luogo sempre presente è quello della Casa: la Casa come luogo di cura, di abbandono, come spazio esposto alla forza della Natura. Così, in questa triangolazione, troviamo tanto la resistenza/irresistibile-attrazione dell’uomo per una Natura che dà la vita e che, insieme, non si cura di nascondere il volto arcigno di matrigna portatrice di morte e distruzione; quanto una vita familiare concepita come rifugio e, al tempo stesso, come luogo di afflizione e menzogna che, però, non si riesce ad abbandonare (così come è stato per Cheever, che ha vissuto per più di quaranta anni con la stessa donna pensando di continuo al divorzio e alla fuga). In questa corrispondenza di Casa e Natura, i momenti dello spirito e le sue svolte sono scanditi dal colore del cielo, dal taglio della luce, dalla disposizione degli astri, quasi a seguire una sorta di mantica esistenziale.

I protagonisti dei tre racconti si trovano ad incontrare i rispettivi destini prendendo strade diverse. Proprio come fa Neddy Merrill ne Il nuotatore, nel momento in cui decide di tornare a casa nuotando nelle tante piscine che impreziosiscono i giardini ben curati di cui è fatto il quartiere alto borghese in cui vive. È per mezzo di questa e altre deviazioni dalla normale conduzione delle vite che Cheever scrosta via la patina di “rispettabilità” cui questi uomini e donne sono tanto attaccati. Una rispettabilità contro cui l’autore si abbatte con la sua feroce ironia, proprio come accade con Jim ed Irene Westcott, i protagonisti de Una radio straordinaria, un uomo e una donna che possono vantare un buon reddito, una solida rispettabilità, due figli educati, e che «si recavano a teatro in media 10,3 volte all’anno».

È così, per ritornare a Il nuotatore, che Neddy Merrill attraversa il quartiere e con i suoi occhi ci fa dare una sbirciatina nella vita privata degli americani benestanti, mostrando come tutta l’apparenza di gioventù, salute e ricchezza che pare avvolgere ogni cosa, sia solo una finzione, una finzione così spaventosa da abbattersi contro lo stesso Neddy, ormai costretto a vivere all’insegna di un imperativo che spinge all’ipocrisia ed alla falsa coscienza.

La forza del vento aveva spogliato un acero di foglie rosse e gialle, che giacevano ora sparse sull’erba e nell’acqua. Essendo mezza estate, l’albero doveva essere malato, ma quel primo segnale dell’autunno gli diede una peculiare malinconia. […] Era la sua memoria che vacillava, o era il fatto che avendola esercitata a rimuovere i ricordi sgradevoli, il suo senso della realtà era ora offuscato?

Ma non solo Neddy sarà costretto ad incontrare se stesso quando infine (dopo il temporale) riuscirà a raggiungere il suo giardino di “casa”. Tutti i protagonisti di questi racconti sono chiamati a farlo. Anche Jim Brown (Un giorno qualsiasi), strappato via di forza dalla città per passare un periodo di villeggiatura nel New Hampshire, dovrà incontrare il vuoto, l’assenza di vita ed emozioni che affossano la sua famiglia. Ma è in Una radio straordinaria, storia che chiude la raccolta, che l’analisi di Cheever si fa veramente spietata. Qui la doppiezza dell’esistenza e l’incapacità di vivere interamente i propri desideri vengono a galla nel modo più duro.

il_nuotatore_john_cheever_gianluigi_toccafondo

Jim e Irene Westcott hanno una passione, la musica classica e tutte le sere ascoltano sinfonie alla loro radio. Vecchia e malfunzionante, però, sono costretti a comprarne una nuova. Solo che questa nuova radio è disturbata da “interferenze”. Altro che quintetti di Mozart o preludi di Chopin, la musica viene interrotta da un brusio di sottofondo che preme per irrompere e far saltare proprio quell’alone di “rispettabilità” che tutti, nel complesso di case lì intorno, cercano a tutti i costi di preservare. Attraverso la radio miracolosa immaginata da Cheever possiamo sintonizzarci su una frequenza della disperazione ed ascoltare l’urlo soffocato di una media borghesia incapace di dare un significato all’esistenza. Irene Westcott viene presa nel vortice della curiosità, affonda il naso nelle vite altrui per annusarne l’odore di stantio. Solo che gettare lo sguardo nella melma della vita altrui, nell’ipocrisia e falsità del nostro vicino di casa, può solo fino ad un certo punto soddisfare la nostra curiosità, il perverso gioire delle disgrazie altrui. Già, perchè quando il torbido e lo sporco insozzano in modo così universale le vite di tutti quelli che ci circondano, quando ha a che fare con tutti, allora si può iniziare a temere che quello stesso cattivo odore di ipocrisia, dolore e cinismo esali anche dal nostro spirito. Iniziamo a sospettare che non sentiamo quel cattivo odore su noi stessi solo perchè ne siamo assuefatti (proprio come ogni casa, ogni appartamento, ha un suo odore che può essere insopportabile o sgradevole solo per gli ospiti, ma non per quelli che la abitano, perché quello è il loro stesso odore e non possono sentirlo – ne sono imbevuti)…ed ecco perchè, a un certo punto, si può scegliere di chiudere gli occhi, turarsi il naso, guardare da un’altra parte: si può rifiutare di vedere il male altrui perché questo male smaschera la falsa coscienza in cui viviamo, ci porta a dubitare di noi stessi, della nostra convinzione di essere dalla parte dei giusti, dei buoni, insomma…di quelli rispettabili.

Oh, no, no, no!”, gridò Irene. “La vita è troppo spaventosa, troppo sordida e angosciosa. Ma noi non siamo mai stati come loro, vero tesoro? Lo siamo stati? Voglio dire, noi siamo sempre stati buoni e sensibili e affettuosi l’uno con l’altro, non è vero? E abbiamo due bambini, due bellissimi bambini. La nostra vita non è sordida, vero che non lo è, tesoro? È vero?” Gli gettò le braccia al collo e attirò il suo viso verso il proprio. “Noi siamo felici, non è vero, tesoro? Siamo felici, non è vero?”.

Alla fin fine Cheever vuole mostrare tutta l’assurdità di ogni pretesa di onorare integralmente il precetto della rispettabilità senza scadere in un osceno integralismo morale. Nessuno può sfuggire all’errore, alla debolezza, perchè nessuno è uno e compiuto, ma, al contrario, è multiforme e mutevole e per questo l’ira, la falsità, la pochezza, la meschinità attraversano l’umano in quanto tale. Il vero compito è farsene carico, vedere la meschinità che ci portiamo dietro. È quello che dovrà fare anche Irene Westcott, mostrando di non essere, così come lo stesso Cheever ce la presenta, «una ragazza piacente, piuttosto semplice, con morbidi capelli castani e una bella fronte spaziosa sulla quale nulla ancora era stato scritto». Perchè, a ben vedere, su quella fronte potrebbero esserci scritte un mucchio di cose, basta non chiudere gli occhi e leggere e poi mettersi davanti allo specchio…

7 commenti su “Cheever, Il nuotatore

  1. Alessandra
    ottobre 18, 2014

    Come le hai scritte bene queste ultime riflessioni sul libro 🙂 Hai fatto riflettere anche me, sebbene non lo abbia mai letto. Bella analisi.

    • tommasoaramaico
      ottobre 18, 2014

      Grazie (come sempre) per le tue osservazioni. Cheever ha avuto una vita complessa, ha sperimentato sulla sua pelle il peso di una doppia vita, il peso che comporta la ricerca della rispettabilita’. È per questo che i suoi libri obbligano a queste riflessioni.

  2. Anifares
    ottobre 20, 2014

    Anche Thomas Hardy ha questo rapporto con la Natura in fondo come spiega lui i covoni nella campagna inglese non è capace nessuno… cmq piace anche a me molto Cheever

  3. tommasoaramaico
    ottobre 20, 2014

    Ammetto di non aver mai letto nulla di Thomas Hardy. Preso anni fa ad una bancarella, da tempo in casa, fra i non-ancora-letti, Jude l’oscuro. Devo dargli un’occhiata. E in ogni caso si…Cheever è un autore che si fa amare.

  4. Pavolo
    novembre 12, 2014

    Ben scritto, mi hai fatto venir voglia di leggerlo.
    Grazie

  5. Pingback: Cheever, Falconer | Tommaso Aramaico

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Informazione

Questa voce è stata pubblicata il ottobre 18, 2014 da con tag , , , , .

Disclaimer

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001. Alcune immagini inserite in questo blog sono tratte da internet e, pertanto, considerate di pubblico dominio; qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d'autore, vogliate comunicarlo via email. Saranno immediatamente rimosse. L'autore del blog non è responsabile dei siti collegati tramite link né del loro contenuto che può essere soggetto a variazioni nel tempo.

Inserisci il tuo indirizzo email per seguire questo blog e ricevere notifiche di nuovi messaggi via e-mail.

Cookie Policy

Questo blog è ospitato su piattaforma WordPress.com con sede e giurisdizione legale negli USA. La piattaforma fa uso di cookie per fini statistici e di miglioramento del servizio. I dati sono raccolti in forma anonima e aggregata da WordPress.com e la titolare del suddetto blog non ha alcun accesso ai dettagli specifici (IP di provenienza, o altro) dei visitatori.
Il visitatore può bloccare tutti i cookie (di qualunque sito web) tramite opportuna configurazione dal menu "Opzioni" del proprio browser.
Questo blog è soggetto alla Privacy Policy della piattaforma WordPress.com.

Blog che seguo

©STORIE SELVATICHE

STORIE SELVATICHE DI FIABE, MITI E TESTI SACRI CHE APRONO LE PORTE ALLA RICCHEZZA

elena gozzer

Il mondo nel quale siamo nati è brutale e crudele, e al tempo stesso di una divina bellezza. Dipende dal nostro temperamento credere che cosa prevalga: il significato, o l'assenza di significato. (Carl Gustav Jung)

bibliofilosofiamilano

Blog della Biblioteca di Filosofia, Università degli studi di Milano

Pensieri spelacchiati

Un piccolo giro nel mio mondo spelacchiato.

Aureliano Tempera

Un po' al di qua e un po' al di là del limite

La Grande Estinzione

Per un romanzo diffuso dell'Antropocene

L'arte di salvarsi

La vita è l'unica opera d'arte che possediamo.

Il verbo leggere

Recensioni, consigli di lettura e cose da lettori

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: