Tommaso Aramaico

Lì dove è pieno di nomi propri, c'è un nome che di nessuno è proprio. Chi l'ha scelto? Chi lo subisce? E perché? Meschino.

Amis, L’informazione

La letteratura, aveva detto Richard, descrive una parabola discendente. Prima gli dei. Poi i semidei. Poi l’epica diventa tragedia: re falliti, eroi falliti. Poi la piccola nobiltà. Poi la borghesia e i suoi sogni mercantili. Poi voi – Gina, Gilda: il realismo sociale. Poi loro: i bassifondi. La malavita. L’età dell’ironia. E Richard aveva continuato: e adesso? Per un po’ la letteratura potrà occuparsi di noi (annuendo rassegnato a Gwyn): degli scrittori. Ma non per molto. Come ci libereremo di questo fardello? E aveva chiesto: che fine farà il romanzo?

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Queste sono le domande che Martin Amis ci consegna insieme a questo incredibile romanzo. Protagonista assoluto de L’informazione è Richard Tull, quarantenne in crisi che per sbarcare il lunario scrive recensioni di inutili quanto interminabili biografie letterarie di personaggi poco credibili. Padre di due figli, marito fedele solo perché sostanzialmente impotente, Richard considera la propria esistenza finita. Dopo un esordio letterario fallimentare ed un secondo romanzo cui è toccata la stessa sorte del primo, Richard Tull si è visto via via rifiutare tutte le altre opere che è riuscito a scrivere. A questo dolore si aggiunge la rabbia e il risentimento per Gwyn Barry, coetaneo ed amico dai tempi del college che Richard aveva sempre reputato una testa vuota, ma che, inaspettatamente, riesce ad arrivare al successo con la pubblicazione di Amelior. Con feroce ironia Amis mette a nudo l’ambizione che scuote lo scrittore. Ma non uno scrittore in generale, o a-storico, bensì lo scrittore oggi, ai tempi dell’informazione. Anzi, si potrebbe dire che proprio adesso, a quasi vent’anni dalla sua pubblicazione, e dopo che il mestiere dello scrittore è stato trascinato nell’arena dei reality show, ecco, proprio adesso questo romanzo dispiega tutta la sua volontà di dissacrare. Lo scrittore catapultato personalmente alla ribalta, perso in viaggi, incontri, interviste, presentazioni, chiamato a dare illusorie immagini di sé per celare, nell’epoca in cui tutto deve venir fuori, venire alla luce, il fondo di miseria che lo muove. Questa ribalta fa sì che lo scrittore stesso diventi materia letteraria in quella parabola discendente che Richard tratteggia così mirabilmente. Amis, per sottolineare con più forza la miseria dello scrittore contemporaneo costretto a mendicare un applauso per poter tentare di credere in se stesso, catapulta il lettore dalla particolare vicenda di Richard Tull entro una dimensione cosmica, obbligandolo ad uno sguardo sub specie aeternitas. Il dolore dello scrittore nell’era dell’informazione (dolore che coincide con quello dell’uomo stesso chiamato ad apparire), così come la pretesa dello scrittore di contrastare la morte, viene spietatamente messo alla berlina.

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Potrebbe essere utile sapere di cosa siamo fatti, com’è che tiriamo avanti, e a che cosa torneremo. Tutto ciò che avete davanti agli occhi – la carta e l’inchiostro, queste parole, i vostri stessi occhi – è stato fatto con le stelle: stelle che esplodono quando muoiono. In maniera più immediata siamo scaldati e covati e allevati da una bomba H in regime stazionario, la nostra nana gialla: una stella di seconda generazione sulla sequenza principale. Quando moriremo, i nostri corpi finiranno con il tornare nel luogo da cui provengono: una stella morente, la nostra, fra cinque miliardi di anni, intorno al 5000001995. Potrebbe essere utile sapere tutte queste cose. Potrebbe essere utile averne coscienza. Su una cosa non si discute, l’Universo è Alta Classe. E noi che cosa siamo?

Richard Tull non sa rispondere a tutte queste domande. Il dolore per non essere parte dell’informazione, il dolore della continua delusione delle aspettative e degli infiniti sforzi per comporre le proprie opere, non gli permettono di andare oltre se stesso se non per rivolgere (ossessivamente) lo sguardo al suo nemico principale, Gwin Barry e, con lui, contro tutti quelli che odia per il fatto stesso di esser riusciti a fare quello che lui non ha saputo fare: pubblicare un libro e ricevere un qualche apprezzamento, entrare nel circuito dell’informazione, e quindi esistere. A partire da tale invidia, Richard arriva persino ad ingaggiare dei criminali per agire contro Gwin Barry. Certo, Richard è perso in una spaventosa crisi di mezza età, disorientamento di chi ha tentato a lungo di realizzare un sogno e che infine si trova al punto di non poter più trovare scuse, giunto al fatidico momento in cui non può più nascondersi d’aver fallito e, quindi, di fronte alla necessità di abbandonare la scrivania, i fogli, la penna. Richard Tull è obbligato ad uscirne fuori. Ma per andare dove? Nel mondo. Ed ecco che in questo passaggio l’idea di letteratura viene a caricarsi di tutto il suo significato. Tutt’altro che incontro e comprensione della realtà, la letteratura è un modo per tradurre e mediare la realtà stessa; un modo per non incontrare direttamente il mondo. La letteratura diviene il solo mezzo che permette ad alcune tipologie di uomini (lettori e scrittori) di continuare a vivere dignitosamente.

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Che fine farà il romanzo? Nessuno lo può dire. Però una cosa è certa. La letteratura libera dal contatto diretto e disperato col mondo. Non assicurerà l’immortalità, non permetterà allo scrittore di sconfiggere la morte, e questo per il semplice fatto che la morte di tutti i lettori possibili ed immaginabili è assicurata, sub specie aeternitas, dalla fine cui è destinato il nostro pianeta e del sistema di cui facciamo parte. Certo, tutto vero. Ma entro tale contesto la scrittura (e la lettura) rimane uno dei modi per affrontare il mondo. La letteratura non è vita. La letteratura è tentativo di non morire, si dice Richard Tull. Con una precisazione. Non più pensata come il tentativo di non morire in generale, ma come tentativo di non morire mentre si è in vita: la letteratura è vita dentro questa vita fatalmente destinata a finire. Dunque, il romanzo (o letteratura) non si sa che fine farà, ma si sa che non finirà (fintanto che l’uomo sarà).

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Questa voce è stata pubblicata il gennaio 26, 2014 da con tag , , , , .

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