Tommaso Aramaico

Lì dove è pieno di nomi propri, c'è un nome che di nessuno è proprio. Chi l'ha scelto? Chi lo subisce? E perché? Meschino.

DeLillo, Great Jones Street

Great Jones Street è un romanzo incentrato sul problema della mercificazione dell’arte? Si. Ma di questa opera si può e si deve dire anche altro. Questo è un romanzo che si interroga sulla possibilità, nel mondo contemporaneo, di essere felici o autentici. Una possibilità del genere sembra aprirsi solo a chi è disposto a scrostarsi di dosso l’inclinazione al successo, o, in altre parole, l’inclinazione dell’Io narcisistico che vuole costituirsi come centro del mondo (finalità che quotidianamente ci viene ricordata dal capitalismo nella sua pervasività). Bucky Wunderlick, il protagonista del romanzo, è una rockstar che all’apice della fama decide di mollare tutto e rifugiarsi in un appartamento in un angolo di New York, in una strada che dà il titolo all’opera stessa. In questa ricerca di una solitudine impossibile, Bucky viene intercettato da giornalisti in cerca di notizie, uomini del mondo dello spettacolo, tipi stravaganti che cercano di coinvolgerlo nel commercio di una nuova e potentissima droga (sempre che lui non sia già, in quanto fenomeno mediatico, una droga di per sé). Ma una è la cosa in comune a tutte le persone che lo cercano: vogliono spingere Bucky a seguire sino in fondo e senza timore il suo compito, tutti lo incitano a risolvere il suo mito (ovvero il suo destino di merce nel consumo di massa) nell’unico atto possibile e cioè il suicidio, togliersi la vita. Così come ogni merce che si rispetti (e cioè che fa il suo dovere) deve necessariamente andare incontro alla propria fine per lasciare così posto ad altre merci e, più in generale, permettere al mercato di essere in continuo fermento.

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Questa voce è stata pubblicata il agosto 18, 2013 da con tag , , , , .

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