Lì dove è pieno di nomi propri, c'è un nome che di nessuno è proprio. Chi l'ha scelto? Chi lo subisce? E perché? Meschino.
Quando si diventa finalmente consapevoli del fatto che non si è avuto successo, si aprono due strade: quella dell’accettazione e quella del “risentimento”. Lewis Miner, ormai rassegnato all’idea di non aver avuto e di non poter avere successo in futuro, sceglie quella del risentimento – che è anche una prova di verità – decidendo di far saltare la maschera scintillante di tutti quei compagni che, a differenza di lui, ce l’avevano fatta. È così che Lewis inizia a scrivere degli aggiornamenti per il Bollettino degli ex alunni della Eastern Valley High School. Senatori, scienziati, celebrità dello sport, musicisti; Lewis Miner, detto Succhiotto dopo un “incidente” alla EVHS, li prende di mira uno ad uno per raccontarne il lato oscuro e meschino. Solo l’ex preside Fontana sembra godere di un po’ del suo rispetto, ma solo perché Lewis scorge una somiglianza fra le loro sorti. Entrambi parte di quell’ampia schiera di persone che sembravano destinate a combinare qualcosa di buono e che invece, per qualche accidente, a un certo punto sono state sbalzate fuori strada e non sono più riuscite a rientrare in pista; entrambi a terra, persi nel guardare gli altri che, invece, “vanno avanti”. Lewis Miner non ha nulla a che fare con l’ideale imperante che vincola e determina i suoi ex compagni e coetanei: sovrappeso, incapace di mantenere un aspetto che sia all’altezza delle aspettative, refrattario ad ogni disciplina, al darsi obiettivi e a perseguirli. Lontano da quell’etica del lavoro e da quella spinta verso il successo (e il guadagno) che sono elementi portanti della cultura americana, Succhiotto passa interminabili giornate con l’amico Gary, compagno di bevute, fumate e discussioni grottesche sul sesso, sul (non-)senso della vita e sui loro fallimenti sentimentali, lavorativi e di adattamento al mondo che li circonda.
In generale Il Bazooka della verità di Sam Lipsyte viene frettolosamente derubricato a semplice romanzo di denuncia, a rabbioso esercizio di stile fine a se stesso; mosso da un mero intento denigratorio verso tutti quelli che, invece, hanno lottato per conformarsi a quegli ideali di bellezza, successo e ricchezza tanto screditati. La questione, in realtà, è un poco più complessa. Tanto complessa che anche l’abusata etichetta di romanzo post-moderno (ma questo non è l’unico caso) si scolla dall’opera nell’atto stesso di leggerla. Si, certo, il libro non ha storia, non ha alcun filo conduttore, ed è lo stesso autore, per bocca di Lewis, a rivendicare la propria distanza dai classici romanzi di formazione in cui i personaggi, al termine della narrazione, si ritrovano diversi da come si erano inizialmente presentati al lettore. Eppure questo schema (quello dell’accrescimento/cambiamento per mezzo di opposizioni) appare difficilmente eludibile e neppure Lewis Miner gli è totalmente estraneo. Perché è vero che gli aggiornamenti per il Bollettino nascono dalla rabbia, anzi, da una rabbiosa rivendicazione che è uno strano miscuglio di libera scelta e fatalità, e però, mano a mano che procede, tutti i compagni vengono ad essere riportati entro il comune recinto della sofferenza, e la volontà di giudicare e smascherare presto lascia spazio al tentativo di comprendere il nocciolo di paura, solitudine e debolezza che spinge tutti loro (noi) ad agire. E non è vero che ogni criterio per distinguere giusto ed ingiusto (altro luogo comune) viene a saltare, perché proprio nel finale, insieme alla constatazione della mancanza del senso, c’è anche quella della necessità della consolazione (sottotraccia, anche attraverso la letteratura!). Una consolazione che non è menzogna e creazione di nuove menzogne/illusioni, ma che si presenta come non-indifferenza verso l’altro. Ed ecco che Lewis Miner, che aveva preso le mosse dal risentimento, alla fine si trova a battere la via dell’accettazione, che è accettazione di sé in quanto Succhiotto – infelice, orfano di madre, distante dal padre e chi più ne ha più ne metta – e, al tempo stesso, capacità di accettare gli altri nella loro pochezza, miseria, ipocrisia, capacità di fare del male. Il rumore assordante della verità che in fondo questo bazooka spara, mette a tacere le inutili chiacchiere e finalmente permette di incontrarsi. Certo, bisogna avere un poco di pazienza e aspettare che si diradi il polverone sollevato dall’esplosione stessa.
STORIE SELVATICHE DI FIABE, MITI E TESTI SACRI CHE APRONO LE PORTE ALLA RICCHEZZA
Il mondo nel quale siamo nati è brutale e crudele, e al tempo stesso di una divina bellezza. Dipende dal nostro temperamento credere che cosa prevalga: il significato, o l'assenza di significato. (Carl Gustav Jung)
Blog della Biblioteca di Filosofia, Università degli studi di Milano
Un piccolo giro nel mio mondo spelacchiato.
Un po' al di qua e un po' al di là del limite
Per un romanzo diffuso dell'Antropocene
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