Lì dove è pieno di nomi propri, c'è un nome che di nessuno è proprio. Chi l'ha scelto? Chi lo subisce? E perché? Meschino.
Mattatoio n. 5 è un romanzo sulla guerra e sulla violenza, dunque sulla morte e inevitabilmente sul tempo. Billy Pilgrim, che di mestiere fa l’ottico, che come un pellegrino viaggia nello spazio, ma anche nel tempo, tenta di spiegarci che è proprio la concezione del tempo – e con questa le idee sulla vita e sulla morte – che deve essere riformata. I viaggi nello spazio lo portano sul pianeta Tralfamadore e lì riesce a comprendere che tutti i momenti sono già pre-visti e che il tempo deve essere superato e compreso in una visione sub specie aeternitas – per cui il tempo E’, l’essere E’. In una sorta di visione parmenidea delle cose, questi alieni invitano a collocarsi al di fuori del tempo e del divenire. Invitano ad emanciparsi da ogni ricorso alle nozioni di senso, giustificazione, libero arbitrio. Anzi, la ricerca stessa del senso non avrebbe senso, poiché l’essere coincide con sé, così come vi è coincidenza fra realtà e razionalità. Tutto viene risolto in pura tautologia. E anzi, la letteratura, forse, viene ad essere questo stesso tentativo – lo sforzo di racchiudere tutto nell’E’, nel presente dell’Opera, nel circolo chiuso: “E’ accaduto tutto, più o meno”. La vita, la morte, lo spaventoso bombardamento di Dresda, cui Billy Pilgrim assiste da prigioniero di guerra, tutto questo deve essere compreso e ricompreso entro un’ottica superiore. Vonnegut vede nella concezione lineare del tempo tutta la tragicità della vita dell’uomo moderno, dove il presente viene di fatto svuotato di senso, ridotto a frutto di ciò che viene prima (passato) o a mera preparazione di quello che viene dopo (futuro). È sotto questa ottica, quella umana (verrebbe da dire, quella non-naturale, non classica, di matrice ebraico-cristiana), che la vita viene ridotta a qualcosa che deve cercare il proprio senso in altro, dato che la morte viene pensata come fine assoluta, annichilimento.
Frammentato in blocchi autonomi, che sono frammenti che contengono e custodiscono eventi eternizzati, Mattatoio n. 5 è anche il tentativo di riportare al presente, di sottrarre all’annichilimento tutto quello che sembrava definitivamente perduto: “si suppone che tutti siano morti, e non abbiano più niente da dire o da pretendere”. Questo suggerisce l’esperienza comune: “così va la vita”, questa frase conclude molti dei frammenti del romanzo. Ed è sempre di un morto che si parla ed è sempre uno spazio bianco che viene poi lasciato. Pausa per commemorare, spazio bianco per l’accettazione, così come recita una preghiera che Billy Pilgrim teneva affissa alla parete del suo ufficio: “Dio mi conceda la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare quello che posso e la saggezza di comprenderne sempre la differenza”. È una forma di stoicismo, è accettazione della necessità, ma anche una via per superare l’angoscia della morte intesa come meta assoluta ed insuperabile; è l’idea che ciò che è stato in qualche modo sia ancora, e che nulla può passare dall’essere al non-essere: “quando un tralfamadoriano vede un cadavere, l’unica cosa che pensa è che il morto, in quel momento, è in cattive condizioni, ma che la stessa persona sta benissimo in un gran numero di altri momenti”.
Il mondo nel quale siamo nati è brutale e crudele, e al tempo stesso di una divina bellezza. Dipende dal nostro temperamento credere che cosa prevalga: il significato, o l'assenza di significato. (Carl Gustav Jung)
Blog della Biblioteca di Filosofia, Università degli studi di Milano
Un piccolo giro nel mio mondo spelacchiato.
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Per un romanzo diffuso dell'Antropocene
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Recensioni, consigli di lettura e cose da lettori
“Faccio dire agli altri quello che non so dire bene io", Michel De Montaigne
Un gran bel libro!
“Un gran bel libro!”. Forse il migliore commento possibile.
L’ho letto proprio l’anno scorso e la ricordo, fra tutte le letture recenti, come una delle più appaganti. Lessi in quel periodo anche Un Uomo senza Patria e ritrovai una conferma. Ho un debole per gli scrittori americani, specie di una certa epoca.
Ammetto di aver letto solo questo di Vonnegut e di certo NON me ne vanto. Accolgo quello che è, benché implicito, un consiglio di lettura, anche se sul mio e-book da tempo sono in attesa La colazione dei campioni e Ghiaccio-nove.
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