Tommaso Aramaico

Lì dove è pieno di nomi propri, c'è un nome che di nessuno è proprio. Chi l'ha scelto? Chi lo subisce? E perché? Meschino.

Meno di Zero. Il tempo presente (parte prima)

Nella valutazione di un’opera non si dovrebbe mai tener conto di quanto si muove intorno all’opera stessa. Tale principio non dovrebbe essere abbandonato neppure quando l’autore è corresponsabile nella messa in scena di strategie editoriali sensazionalistiche. Caso esemplare e controverso, a tale proposito, è quello di Bret Easton Ellis. Parlare di questo autore risulta decisamente complesso, poiché dalla pubblicazione di Less than Zero (1985) e American Psycho (1991), la stratificazione di recensioni, stroncature, invettive e slittamenti di piano, è stata tale che solo una radicale messa fra parentesi di tutto questo, può permettere di parlare di Less than Zero senza lasciarsi influenzare dalle impressioni suscitate da American Psycho, opera da molti percepita come mero sfogo incontrollato di un autore che utilizza la pagina scritta per riversare sul lettore delle allucinazioni private. L’unica via per ritornare all’opera stessa di Ellis deve passare, innanzitutto, per un netto rifiuto di qualsiasi slittamento di piano, evitando di far coincidere i criteri di valutazione dell’opera con il fatto che i contenuti possano apparire più o meno accettabili, tenendo sempre a mente la distinzione fra finzione e realtà. Sgombrare il campo da tutto il retaggio di interventi scomposti può permettere di individuare uno dei temi, forse il tema, centrali nell’opera di Ellis: la libertà. E ancora, non semplicemente il tema della libertà in generale, ma quello della libertà oggi, nel tempo presente – nella sua doppia accezione. Irriducibile a semplice mezzo in auge presso una schiera di scrittori degli anni Ottanta, il tempo presente assurge a forma che meglio esprime il nichilismo moderno, dove passato e futuro vengono cancellati in quanto termini privi di qualsiasi significanza psichica. Se per libertà si intende il desiderio che viene appagato nel momento stesso in cui viene alla superficie, allora il passato (proiezione temporale della Legge che per definizione è già data e che, quindi, viene prima della libertà e del desiderio), e il futuro (quale luogo in cui la soddisfazione del desiderio dovrebbe essere collocata (e raggiunta solo dopo che la Legge sia stata in qualche modo rispettata) vengono a cadere. Il nichilismo non sta nella ricerca del piacere, ma nel fatto che il desiderio non mira ad un obiettivo che richiede l’attraversamento di una distanza. Il piacere stesso diviene la possibilità di scaricare un grumo di energia che gira a vuoto. È per questo motivo – uno dei motivi – che i personaggi del romanzo d’esordio di Ellis girano a vuoto, schiacciati da una spaventosa contraddizione: alla perenne ricerca di stimoli e, al tempo stesso, schermati da una corazza che da tali stimoli deve proteggerli.

Immagine

Meno di Zero può essere sì una definizione della temperatura emotiva dei personaggi (qualcosa come una estrema radicalizzazione dell’atteggiamento blasé), ma denota anche lo spessore della realtà stessa, il fatto che quello che ci è intorno sia ridotto a meno di zero, non sia più vincolante, così come nulla di vincolante può essere rinvenuto nello spettacolo di un’adolescente legata ad un letto, imbottita di droga, gli occhi rovesciati nella cecità. Radicalizzazione dell’atteggiamento blasé e temperatura emotiva. Simmel, il grande sociologo tedesco, forse prima di tutti aveva intuito la portata dei mutamenti in atto nella modernità e i suoi possibili effetti sull’uomo. Siamo all’altezza dei primi anni del Novecento, quando pubblica un piccolo saggio dal titolo La metropoli e la vita dello Spirito, dove l’epoca moderna viene presentata come epoca di crisi “permanente” o, detto in altri termini, epoca in cui il mutamento diviene principio. Entro tale cornice concettuale la metropoli assurge ad allegoria della modernità, a spazio dove il principio del divenire si manifesta in tutta la sua potenza e pervasività. In una lotta impari l’individuo cerca in tutti i modi di misurarsi con tale potente scaturigine di novità e mutamento. Il blasé, come atteggiamento, può essere considerato agli albori di quel “meno di zero” che caratterizza il rapporto di Clay (protagonista del romanzo) con la realtà circostante. Il disincanto di chi ha già visto tutto si mescola all’indifferenza di quello che ci è intorno, escludendo così ogni differenziazione, qualsiasi analisi qualitativa, qualsiasi giudizio di valore. Radicalizzazione che fa tutt’uno con la conquista del mondo da parte dell’economia monetaria, lì dove il denaro è per principio “equivalente universale”, ovvero, sempre seguendo le analisi di Simmel, ciò che abbatte ogni qualità poiché in vista vi è solo lo “scambio”. Di fronte all’eccesso di stimoli l’ibernazione della psiche e delle sue funzioni permette una difesa che però si manifesta essere difesa solo parziale: se tale difesa si presenta, più o meno radicalmente, come non-riconoscimento dell’umanità dell’altro allora non solo l’Altro, ma anche lo Stesso diviene preda di qualsiasi eccesso, aperto alla possibilità della violenza – ecco, in tal modo non solo l’altro è disumanizzato, ma chiunque lo diviene, e quindi chiunque è in pericolo. Questa è la situazione in cui sono catapultate tutte le comparse del romanzo di Ellis, nessuno escluso. Tutti presi in questo artico emotivo, sono aperti alla giostra della violenza, che può essere tanto inflitta, quanto subita. La guerra di tutti contro tutti teorizzata da Hobbes viene in qualche modo traslata nel dominio della libertà realizzata, lì dove l’espressione di una libertà senza freni trova il proprio compimento. Chiunque può svanire da un momento all’altro e senza una ragione plausibile, senza moventi. Così si può leggere un breve dialogo durante la proiezione di un film: “Non era irritante quel modo di far sparire i personaggi dalla storia senza una ragione? Lo studente tace per un attimo, poi dice: Si, un po’, ma questo succede anche nella vita vera”, e ancora di un ragazzo che muore durante la lavorazione di un film e nessuno ne ricorda il nome. Simmel può venire in soccorso ancora per un altro verso. Blasé richiama anche la mancanza di moderazione nella fruizione dei piaceri, poiché questi chiamano i nostri nervi a sollecitazioni così continue ed intense, che questi smettono di reagire, per naturale autodifesa. Ricerca dei piaceri, impossibilità di sentire. Tutto questo si traduce inevitabilmente in una libertà senza freni che va a ruota libera, cioè incapace di esprimere “preferenze”.

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Questa voce è stata pubblicata il gennaio 26, 2013 da con tag , .

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